by Lentano Ciro novembre 1, 2014 – quellichelafarmacia magazine
Tra le politiche sanitarie rivolte al risparmio di spesa, anche in campo internazionale, l’utilizzo frequente di farmaci equivalenti rappresenta una delle politiche primarie tanto d’aver spinto alla definizione della normativa che dal 2012, come obbligo di legge, costringe i farmacisti a dover presentare all’utente l’analogo generico di un medicinale branded. Nonostante si parli spesso di convenienze per la classe dei farmacisti in realtà lo studio Doxa rivelerebbe una situazione paradossale e contraria coi professionisti propensi a favorire proprio il branded per questioni di sicurezza di biodisponibilità ed efficacia terapeutica.
La situazione sarebbe figlia ovviamente delle scarse campagne informative che sul confronto tra farmaci equivalenti e branded non sono riuscite a fornire un adeguato livello d’istruzione ed informazione agli utenti, dimostratisi però ugualmente attenti a valutarne l’impatto con mezzi propri. In particolare, dati alla mano, gli italiani sono oramai sempre più convinti dell’utilità del biosimilare tanto che il 92% ne fa un uso costante e ben l’80% si dichiara soddisfatto del servizio e della qualità fornita in ambito terapeutico. Sebbene i dati siano in crescita lo studio, che ha affrontato anche la valutazione e considerazione professionale dei farmacisti, emergerebbe un maggior indirizzamento verso il branded, capace di fornire maggiori garanzie in termini di rilascio e quota di principio attivo disponibile, come confermato dai dati di cambio scesa dal 58% del 2012 al 53% del 2013.
Sulla vicenda è intervenuta, esprimendo il proprio parere, Pia Policicchio che ha spiegato quanto sui farmaci equivalenti sia stata condotta una pessima campagna informativa capace di generare convinzioni complesse da eradicare, sulle quali si basano le maggiori perplessità sebbene proprio il confronto con i Sistemi Sanitari esteri oramai divenuti sinonimo di qualità stia contribuendo a fortificare e migliorare l’immagine dei generici, questi ultimi nei quali il loro utilizzo è fortemente consolidato: “…si parlò di generico – ha spiegato il presidente di Fenagifar – come alternativa economica senza soffermarsi sulla risposta terapeutica e sulla necessità di dare al pubblico certezze sull’equivalenza rispetto all’originator». Da qui forse nacquero convinzioni dure a morire“.
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Prevenzione e farmaci equivalenti: comportamenti a sostegno della sostenibilità
By Salvo Franchina on 30 ottobre 2014 – Liquidarea.com
Presentata oggi a Milano un’indagine Doxa, commissionata da Teva Italia, che mette in luce la percezione spontanea relativa al concetto di responsabilità personale e civile degli italiani quando si parla di un sistema di cure più sostenibile. E la necessità di una maggiore e più corretta informazione.
Milano, 30 ottobre 2014– L’epoca storica in cui viviamo certamente non è delle più facili: la particolare congiuntura economica ha determinato l’esigenza di fare maggiore attenzione al tema della sostenibilità. Se si parla di Salute, poi, il meccanismo diventa ancora più complicato perché il concetto di sostenibilità si declina non solo nella rappresentazione di “risparmio del sistema pubblico”, ma anche in quella di “vantaggio personale”. Gli italiani identificano nella “prevenzione” e nell’impiego di “farmaci equivalenti”due strumenti efficaci per combattere gli sprechi e garantire al Servizio sanitario nazionale sostenibilità ed efficienza.
A dirlo l’indagine quali/quantitativa di Doxa, “Sostenibilitàdelle cure, chi è il responsabile?”, presentata oggi a Milano e commissionata da Teva Italia, azienda leader nel settore farmaceutico, da sempre impegnata nel rendere accessibili cure di alta qualità attraverso lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione sia di medicinali equivalenti sia di farmaci innovativi, specialità farmaceutiche e principi attivi.
La ricerca ha preso in esame un campione costituito da 600 soggetti, uomini e donne di età compresa tra i 18 e i 64 anni. Dai risultati è emerso che esistono principalmente tra gli italiani quattro atteggiamenti riferiti alla sostenibilità della cura: la figura del “partecipativo”, ovvero colui che con ottimismo ritiene di poter “fare molto attraverso il proprio atteggiamento e il proprio comportamento quotidiano”, quella dell’”arrabbiato”che crede “di fare già molto attraverso le tasse e che pretende da medici, farmacisti e Istituzioni un maggiore impegno”, l’”auto-indulgente”, convinto “di poter fare molto poco in qualità di singolo” e il“fatalista”, “convinto che “sia inutile darsi molto da fare a cercare soluzioni perché nel sistema italiano le cose non cambiano m ai”. È molto importante evidenziare spiegaMassimo Sumberesi, Managing Director di Doxa Marketing Advice che tra questi archetipi, non è solamente il partecipativo ad avere un ruolo attivo, ma in qualche modo anche l’arrabbiato, sebbene le sue energie si concentrino nell’invettiva e siano eteroriferite”. Continua: “Al contrario, l’auto-indulgente e il fatalista hanno un atteggiamento passivo e pessimista, giustificando sé stessi e/o accusando genericamente il sistema di malfunzionamento”. Aggiunge: “Ad eccezione dei partecipativi, prevale comunque la tendenza ad identificare in soggetti terzi la responsabilità di ciò che non funziona”.
In generale, comunque, gli italiani ritengono che lo “sperpero di risorse da parte della pubblica amministrazione “ (64%), la “scarsa equità sociale” (63%) e l’”opportunismo e la scarsa onestà di chi è al potere” (59%) siano le principali minacce alla sostenibilità del sistema. Al quarto posto troviamo anche “l’alto costo dei farmaci”. “Si tratta di un aspetto che chiama in causa direttamente le aziende farmaceutiche” affermaHubert Puech d’Alissac, AD di Teva Italia “in realtà occorre sottolineare come i progressi scientifici registrati negli ultimi 50 anni siano stati enormi e spesso possibili proprio grazie all’impegno e alle risorse investite dall’industria farmaceutica”. Continua: “Inoltre le aziende che producono farmaci equivalenti, sono state in grado di far risparmiare al Sistema sanitario italia no 1,5 MLD di € negli ultimi 6 anni. Teva in particolare è un esempio di realtà che oltre a rendere più accessibili le cure con i farmaci equivalenti continua a impegnarsi e a investire in ricerca e sviluppo per creare nuove soluzioni terapeutiche e prodotti specialistici innovativi.”
Proprio l’utilizzo dei farmaci equivalenti è stato poi indicato dal campione come uno tra i “comportamenti virtuosi” a garanzia di cure più accessibili per tutti. A pensarlo è il 29% degli intervistati, mentre il 38% ritiene che “le autorità sanitarie dovrebbero effettuare più controlli sul SSN” e il 30% che “sarebbe necessaria una maggiore prevenzione, soprattutto se si parla di certe malattie”.
Gli italiani, in particolare, chiedono di avere più notizie sul farmaco equivalente: sebbene il trend di consumo dei generici sia in crescita, il 26% del campione intervistato sostiene “di non averne mai parlato con il proprio medico curante”.Non va meglio in farmacia: cala infatti rispetto al 2013 la percentuale di farmacisti (dal 58 al 53%) che “spesso o con una certa frequenza” propone la sostituzione del griffato con il suo equivalente.
In generale, comunque, rispetto all’anno scorso, la diffusione e, dunque, la cultura relativa ai farmaci equivalenti non ha fatto registrare variazioni sostanziali, e diventa quindi importante una forte presa di coscienza da parte delle istituzioni.
Non a caso infatti, l’indagine Doxa evidenzia come proprio i cittadini ritengano che tutti gli attori del Sistema salute – cittadini, pazienti, medici di famiglia, specialisti e farmacisti – necessitino di una maggiore informazione, che deve essere erogata da fonti differenti in funzione del soggetto coinvolto.
Ad esempio sia Medici di Medicina Generale che Farmacisti dovrebbero ricevere una corretta informazione principalmente da “strutture ospedaliere e Asl”, “organi di governo e politica” e “Amministrazioni pubbliche locali”.
“L’indagine dimostra che vi sono ancora molti pregiudizi sui farmaci dal nome generico e che, quindi, è necessaria ancora molta informazione”, spiega Silvio Garattini, scienziato e ricercatore in farmacologia, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”.
D’accordo con lui anche Giuseppe Nielfi, presidente del Sindacato Unico Medicina Ambulatoriale Italiana e Professionalità dell’Area Sanitaria (SUMAI): “Informazioni adeguate sono sempre più necessarie a tutti i livelliper superare pregiudizi e affinché notizie non complete o addirittura errate non vadano a impattare negativamente sulla salute dei cittadini e sul lavoro dei camici bianchi”. E aggiunge: “Con la diffusione dell’informazione 2.0,” prosegue “Doctor Web si afferma sempre più come primo referente dei pazienti di tutte le età e come veicolo per la formazione degli operatori sanitari.”
“Il ruolo del farmacista è un ruolo essenziale per garantire prevenzione e accessibilità ai farmaci sul territorio” conferma Claudio Di Stefano, past president della Federazione nazionale associazione giovani farmacisti (Fenagifar)“tuttavia il nostro impegno non sempre è sufficiente: occorre infatti che a livello centrale siano dettate linee guida e strumenti in grado di tutelare giorno dopo il giorno il lavoro del farmacista”.
Per i cittadini, infine, non sono solamente le Istituzioni a dover garantire una maggiore informazione, ma vogliono riceverla soprattutto da medici di famiglia (65%), farmacisti (24%) e dai mezzi di informazione (34%).
TEVA
Teva Pharmaceutical Industries Ltd. (NYSE: TEVA) è una delle principali aziende farmaceutiche mondiali. È impegnata nell’accrescere l’accesso a un’assistenza sanitaria di qualità attraverso lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di farmaci generici a prezzi accessibili, così come di farmaci innovativi e di specialità e ingredienti farmaceutici attivi. Con sede in Israele, Teva è il più grande produttore di farmaci equivalenti al mondo, con un portfolio prodotti globale di oltre 1.000 molecole e una presenza diretta in circa 60 Paesi. Per quanto riguarda i farmaci innovativi, Teva concentra la sua attività di sviluppo nell’area delle malattie neurologiche, del dolore, delle malattie oncologiche, respiratorie e della salute della donna, oltre che nel settore dei farmaci biotecnologici e biosimilari. Teva impiega circa 45.000 persone in tutto il mondo e ha registrato 20,3 miliardi di dollari in ricavi netti nel 2013.
I generici abbattono gli utili delle farmacie
Utili dei farmacisti italiani in calo, anche se di poco. Nei primi nove mesi del 2014, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, le farmacie italiane hanno registrato una perdita dello 0,3% nel fatturato a fronte di un aumento dei consumi dello 0,9%.
Un’inezia, se non fosse che sembra il primo passo di una tendenza destinata a consolidarsi. I valori medi, infatti, nascondono un dato di particolare interesse. Calano gli utili dei farmaci con marchio (del 2,9% quelli mutabili e del 2,1% quelli non mutuabili) ma crescono quasi dell’8% quelli derivanti dal generico.
Altra tendenza è lo spostamento dei profitti della farmacia dal farmaco vero e proprio a quella che viene definita area commerciale: farmaci senza obbligo di ricetta ma soprattutto parafarmaci. In questo settore gli alimenti dietetici crescono del +5% grazie al traino degli integratori, la fitoterapia sale del +7,6% e la veterinaria del +8%.
I dati sono contenuti in un’indagine su 5.000 farmacie condotta da New Line Ricerche di Mercato.