Una ricerca americana conferma un vecchio sospetto: i medici prescrivono ai loro pazienti i farmaci prodotti dalle aziende che offrono loro pasti, feste, regalini. E quelli generici restano invenduti.
Dall’Espresso del 06 luglio 2016 di PAOLA EMILIA CICERONE
N.d.R.: Riportiamo alcuni stralci dell’articolo dell’Espresso e rimandiamo la lettura integrale al link sopra indicato
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In Italia a portare ai medici la voce delle aziende farmaceutiche sono soprattutto gli informatori sanitari: «E sono una presenza costante negli studi: d’altronde sono preparati per diventare amici dei medici, per creare un rapporto personale», spiega il pediatra Sergio Conti Nibali
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Parlare di corruzione sarebbe forse eccessivo, «ma vogliamo provare a immaginare come andrebbero le cose se l’Aifa e il ministero fossero presenti negli studi dei medici come lo sono le aziende?», suggerisce Conti Nibali. «Il problema è che certe pratiche sono una consuetudine, si stenta a pensare che non sia opportuno accettare un caffè o un piccolo omaggio».
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«Forse, da uno studio simile fatto in Italia uscirebbero dati meno impressionanti», sdrammatizza Cosimo Nume, responsabile comunicazione di Fnomceo, la federazione degli ordini dei medici. «Da noi si ricorre più spesso a farmaci di prima scelta, meno costosi di quelli presi in esame dai ricercatori americani, e ci sono regole sui farmaci generici, che il cittadino può chiedere direttamente al farmacista, anche se il medico ha prescritto una specialità di marca».
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A casa nostra, insomma, i pranzi sembrano essere l’ultimo dei problemi, o quasi. «Gli informatori americani sono meno presenti negli studi medici, proprio perché da loro usano gli incontri conviviali: forse la nostra prassi è più trasparente», osserva Nume. Anche se gli effetti degli incontri in studio sono difficili da valutare: «Un’indagine realizzata nel 2016 dal centro studi della Fimg mostra che un medico di base vede ogni settimana cinque informatori, che salgono a nove nelle regioni del Sud», osserva Bobbio. «Si riceve l’informatore per abitudine, per gentilezza, per ricevere informazioni utili: ma non possiamo sapere cosa succeda nel corso di questi incontri».
Negli ultimi anni il malcostume sembra comunque in diminuzione. Grazie anche a norme e codici deontologici che vietano le collusioni più scandalose, come i congressi medici organizzati in località turistiche e in alta stagione, con giornate libere e la possibilità di portare un accompagnatore. Mentre sono legittimi gli inviti a congressi, come pubblico ma anche come relatori, o la partecipazione a corsi di formazione, «che le aziende propongono con quello che è definito un “contributo non condizionato”», ricorda Nume.
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Farmindustria ha aderito al Disclosure code europeo che chiede di mettere on line i “trasferimenti di denaro” tra medici e aziende. Per ora, bisognerà cercarli nei siti delle singole aziende: «Ma un paziente scontento di una prescrizione potrà verificare se il medico abbia interessi economici legati a quel farmaco» , ricorda Nume, anticipando che si sta pensando a come semplificare l’accesso ai dati.
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N.d.R.: Riteniamo che non sia possibile paragonare i dati americani alla realtà italiana. Come è noto il Servizio Sanitario Americano non esiste, esiste, dopo la riforma di Obama, un sistema oneroso per i cittadini di assicurazioni private di malattia. In Italia invece c’è un Servizio Sanitario Nazionale finanziato per lo più dalla fiscalità generale.
Gli Infornatori Scientifici Americani in realtà sono “Pharmaceutical Sales Representatives”, cioè rappresentanti di vendita i quali hanno metodi di lavoro ben diversi da quelli italiani. In Italia ci sono gli Informatori Scientifici del Farmaco (ISF) così definiti dal D.Lgs. 219/06 che ne regola l’attività e ne vieta l’attività di vendita.
Il pediatra intervistato nell’articolo dell’Espresso, il Dr. Sergio Conti Nibali, parla di non ben precisati “informatori sanitari”. Probabilmente, dato che è un pediatra, presumiamo che confonda gli agenti rappresentanti di commercio che vendono latte per neonati e gli Informatori Scientifici del Farmaco. Come si può intuire il latte artificiale per i neonati non è un farmaco, il Ministero della Salute lo classifica fra i “prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare” e ovviamente i venditori di latte non seguono le norme del D.Lgs. 219/06 che regolamenta l’attività degli ISF. Lo informiamo che gli ISF non seguono nessun corso per diventare amici dei medici. Pensiamo che prima di parlare ad un giornale di ISF bisognerebbe sapere chi sono gli ISF, cosa fanno, cosa possono fare e cosa non possono fare.
Il Prof. Bobbio poi ipotizza chissà quali pratiche misteriose negli incontri fra ISF e medico, lasciando intendere chissà quale mercimonio. Se il Prof. Bobbio è a conoscenza di qualche comportamento illecito, lo denunci alla magistratura. Dovrebbe rendersi conto che sospetti del genere sono diffamatori per un’intera categoria di professionisti. Ma è mai possibile che in questi articoli si parli sempre di ISF come grandi corruttori senza sapere nulla degli ISF. E i medici che vengono trattati, bene che vada, come degli ignoranti imbecilli o peggio come dei corrotti non hanno mai niente da dire?
E questi irreprensibili censori non hanno niente da dire per come le ASL premiano con denaro quei medici che prescrivono quei farmaci indicati dalle stesse ASL? E non si scandalizzano come l’atto medico diventi sempre più subordinato alle pressioni economiche delle varie ASL? E la centralità del paziente dove finisce?
Ed infine, cari giornalisti, quando parlate di ISF, intervistate almeno anche un ISF che dica qual’è la realtà “vera” e non quella immaginata!
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