Roma, 4 giu. (Adnkronos Salute) – Cala in Italia la spesa per la farmaceutica convenzionata, quella a carico del Servizio sanitario nazionale. Nel 2013 la spesa raggiunge gli 8,6 miliardi, con una diminuzione del 3,4% (si era ridotta di poco meno del 10% nel 2012). E’ quanto emerge dal ‘Rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica’ della Corte dei conti, presentato oggi a Roma.
Secondo i giudici contabili, “la consistente riduzione della spesa farmaceutica convenzionata registrata negli ultimi anni è da ricondurre all’effetto combinato di diversi fattori: la riduzione del prezzo medio dei farmaci, per effetto dell’inserimento nel prontuario di nuovi farmaci generici; l’implementazione dell’attività di monitoraggio del livello di appropriatezza delle prescrizioni terapeutiche; i risparmi originati dall’incremento dello sconto sul prezzo dei farmaci a carico di grossisti e farmacisti; la rideterminazione all’11,35% del tetto relativo alla farmaceutica territoriale, al netto degli importi corrisposti dal cittadino per l’acquisto di farmaci ad un prezzo diverso dal prezzo massimo di rimborso stabilito dall’Aifa, con attivazione del meccanismo del pay-back già previsto dalla normativa vigente in caso di superamento del predetto tetto”.
E ancora. Secondo la Corte, tra le cause che hanno favorito la riduzione della spesa farmaceutica convenzionata c’è “la crescita della quota di compartecipazione alla spesa a carico del cittadino, in relazione alle misure di compartecipazione adottate in talune regioni sottoposte ai piani di rientro e ai ticket sui farmaci vigenti anche in regioni non sottoposte ai piani di rientro; il potenziamento della distribuzione diretta, soprattutto nelle regioni soggette a piano di rientro, ha determinato lo spostamento di quote di mercato dal canale convenzionale verso quello della distribuzione diretta, con il conseguente risparmio a vantaggio delle regioni, dato dalla minore remunerazione della filiera distributiva”.
Ticket e spesa, Corte conti passa Ssn ai raggi X
Roma, 4 giu. (Adnkronos Salute) – Oltre 109 miliardi di euro: a tanto ammonta la spesa sanitaria registrata nel 2013. Le uscite complessive per assistenza sanitaria si sono infatti attestate a 109,3 mld, seppur lieve flessione rispetto al 2012. Anche quest’anno il dato a consuntivo si è mantenuto ben al di sotto del dato previsto nel Def di aprile 2013 (111,1 miliardi). E’ quanto emerge dal ‘Rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica’ della Corte dei conti, presentato oggi a Roma, che passa ai raggi X i conti del Servizio sanitario nazionale.
Nel dettaglio, i costi del personale (delle aziende sanitarie, delle aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie, degli Irccs pubblici, appartenente ai ruoli sanitario, professionale, amministrativo e tecnico, nonché al costo relativo alla corresponsione dell’indennità per il personale universitario) nel 2013 sono risultati pari a 35,2 mld, in riduzione dell’1,2% rispetto al 2012. Viene confermato l’andamento decrescente registrato negli ultimi anni. In riduzione risultano anche i costi relativi agli acquisti di beni e servizi, che ammontano a 35,1 miliardi (-1,5% rispetto al 2012). Per quanto riguarda gli acquisti di beni, si registra invece un incremento del 2,5%. Tale crescita è influenzata dalle voci relative ai costi dei prodotti farmaceutici (in aumento del 5,8%) e ai dispositivi medici (in crescita del 2,7%).
E ancora. I servizi sanitari e non sanitari (trasporti sanitari, consulenze, formazione, etc.) aumentano nel complesso di circa l’1% rispetto al 2012. Un risultato, tuttavia, frutto di una crescita dell’1,6% di quelli sanitari e di una forte flessione di quelli non sanitari (-7,7%). Nei servizi non sanitari appaltati (lavanderia, pulizia, mensa, riscaldamento, etc.) la flessione è del 2,4%. Riduzione anche per le spese per manutenzioni e riparazioni (-0,1%), per il godimento beni di terzi (-1,7%), per gli accantonamenti (-26,1%) e per interessi passivi e oneri finanziari (-3,4%). In flessione anche nel 2013 la farmaceutica convenzionata. Nell’esercizio la spesa raggiunge gli 8,6 miliardi, con una diminuzione del 3,4% (si era ridotta di poco meno del 10% nel 2012). Dal lato delle entrate, la riduzione rispetto al 2012 è dello 0,9% e si estende con intensità diverse pressoché a tutte le voci. Il finanziamento (indistinto e vincolato) presenta una flessione dello 0,6%.
Assogenerici: “Equivalenti leva fondamentale per il risparmio, ma ancora penalizzati dal pay-back”
04 GIU – “Anche l’ultima relazione della Corte dei Conti conferma che tra i pochi capitoli della spesa pubblica in costante riduzione vi è quello relativo alla farmaceutica convenzionata, che anche nel 2013 ha fatto registrare una riduzione del 3,4%, e non certo perché i cittadini abbiano smesso di curarsi. Molti sono i fattori che contribuiscono a questo risultato ma quello fondamentale, come ha ricordato anche questa volta la magistratura contabile, è la presenza sul mercato del generico che, da sola, ha determinato una fortissima riduzione della spesa”. Lo ha detto il presidente di Assogenerici, Enrique Hausermann.
Ciononostante, nel nostro paese i produttori di farmaci equivalenti sono tenuti al pagamento del pay-back in caso di superamento del tetto di spesa programmato come i produttori di branded “e questo penalizza ingiustamente tutto un settore che è invece all’origine del risparmio”. E’ vero che quella che resta fuori controllo è la spesa farmaceutica ospedaliera, ma – spiega Hausermann – non si può ignorare che il tetto è cronicamente sottostimato, e anche in questo caso esigere il pay back da chi commercializza farmaci a brevetto scaduto, intrinsecamente meno costosi, oltretutto attraverso il meccanismo delle gare, che prevede l’aggiudicazione al prezzo più basso, è un controsenso: questi farmaci devono essere esclusi dal sistema del payback applicato alla spesa ospedaliera”.
Se si vuole diminuire ulteriormente la spesa, facendo leva sul farmaco equivalente – ha concluso il presidente di Assogenerici – si dovrebbe eliminare dalla normativa italiana il meccanismo del patent linkage, che ritarda l’ammissione alla rimborsabilità dei nuovi farmaci equivalenti, con un mancato risparmio pari a tre milioni di euro al giorno. Un meccanismo, peraltro, che ormai è presente soltanto in Italia, è stato più volte dichiarato illegittimo dalla Commissione Europea e dal Parlamento Europeo, che ha anche votato una proposta di direttiva che ne proibisce l’introduzione nelle normative nazionali”.
04 giugno 2014 – quotidianosanità.it
Studi settore: redditi farmacisti -13% rispetto al 2011
Pur rimanendo al secondo posto della classifica dei redditi dei contribuenti soggetti agli studi di settore, i farmacisti registrano un calo rispetto all’anno prima nelle dichiarazioni 2013, anche se, all’interno delle categorie con i redditi più elevati, altre professionalità, come notai e avvocati, segnano una flessione maggiore. Il quadro emerge dalle elaborazioni del dipartimento delle Finanze sui redditi dichiarati nel 2013 dai professionisti soggetti agli studi di settore, che vedono, in generale, un aumento del 6,3% nel numero di contribuenti, per un totale di 3,7 milioni, dovuto anche alla chiusura del regime dei minimi del 2011, e un calo del 5,8% nel totale dei redditi dichiarati. Per quanto riguarda le farmacie il reddito medio dichiarato nel 2013 si attesta a 90.200 euro, cifra che le fa arrivare al secondo posto nella classifica, dopo i notai, il cui reddito medio è 233mila euro, e prima dei medici (64.900). Ma le dichiarazioni 2013 fanno segnare un calo a due cifre, pari a -12,8%. A soffrire è tutto l’ambito sanitario, con l’eccezione degli odontoiatri che registrano un +0,4% rispetto all’anno prima e dichiarano 51.600 euro. A essere colpiti da una flessione sono quindi anche medici e operatori sanitari, anche se di livello inferiore rispetto a quella delle farmacie: i medici per esempio perdono il 6,6% mentre gli altri operatori sanitari il 9,8%, dichiarando un reddito medio di 23.700 euro. A ogni modo, tra i redditi più alti, la flessioni maggiore è quella che fanno registrare gli studi notarili, che totalizzano un -26,1%. Perdite più elevate rispetto alle farmacie anche tra i professionisti al di fuori del settore sanitario, tra cui avvocati, che segnano un -15,5% e dichiarano un reddito medio di 49.600 euro, gli ingegneri con una flessione del 15% circa (36.000 euro di reddito medio) e gli architetti con un -19,3% (23.500 euro di reddito medio). Mentre, sempre tra le professioni extra sanità, risultati meno negativi delle farmacie arrivano da commercialisti e consulenti del lavoro, che perdono il 6,1% in un anno (reddito medio di 58.500 euro).
Francesca Giani
Mercoledì, 04 Giugno 2014 – Farmacista33