Spese di rappresentanza e spese di pubblicità sono separate dall’obiettivo perseguito. Sul punto interviene la Cassazione 2017
Fisco e Tasse – 28 dicembre 2017
Le spese di organizzazione di convegni medici, sostenute da società del campo farmaceutico, la cui finalità di informazione scientifica non sia palese, non sono deducibili dal reddito societario, né è applicabile lo strumento della detrazione IVA. In tal senso la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28695 del 30 novembre 2017, ha deciso in merito ad un caso che ha visto contrapposte una S.r.l. farmaceutica e l’Agenzia delle entrate.
Nel caso in esame, l’Agenzia delle entrate ricorreva in Cassazione lamentando che le spese sostenute dalla S.r.l. per tenere congressi di informazione scientifica per i medici, fossero ascrivibili quali spese pubblicitarie che la società avrebbe sopportato per sponsorizzare il proprio prodotto e non, quali mere spese di rappresentanza.
La Corte ha inoltre osservato che nei precedenti gradi di giudizio, non era stato opportunamente valutato il carattere scientifico del convegno stesso.
In merito al tema affrontato dalla Corte, ricordiamo che la giurisprudenza aveva già in passato chiarito che:
- per le spese di rappresentanza e di pubblicità il presupposto andasse individuato negli obiettivi perseguiti da chi le abbia sopportate, tenuto conto che le stesse hanno come finalità quella di accrescere il prestigio dell’impresa e a potenziarne lo sviluppo.
- le spese di pubblicità o di propaganda sono invece quelle sostenute, anche se non in toto, per la pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, riconducibili alla società stessa.
Sulla base di tali orientamenti, l’ordinanza n. 28695/2017 della Corte di Cassazione ha stabilito che «…finalità d’informazione scientifica è quella di contrassegnare l’unica pubblicità consentita, considerato che il consumo dei farmaci non è regolato dal criterio del piacere, ma da dell’utilità, mediata dalla classe medica…».
Notizie correlate. Corte Cassazione – Civile Ord. Sez. 5 Num. 28695 Anno 2017
Nota: “Il consumo dei farmaci non è regolato dal criterio del piacere, ma da quello dell’utilità, mediata dalla classe medica, sicché i medici sono destinatari di una specifica forma di pubblicità che mira non già a reclamizzare astrattamente il prodotto decantandone le virtù o la piacevolezza visiva della confezione, ma ad informarli della natura e delle utilità farmaceutiche del prodotto, in quali ipotesi risulti indicato, in quali no ed in quali sia addirittura nocivo (v. Cass. n. 25053 del 2006; v. anche v. Cass. n. 8844 del 2014; Cass. n. 2349 del 2013; Cass. n. 5494 del 2013)”