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FARMACAUTICHE E GOVERNO: C’E’ IL GRANDE ABBRACCIO


Dompé: «Un cambio di passo nella politica di settore» – In arrivo bonus fiscali per la ricerca – Riparte il tavolo per la farmaceutica

Il Governo spalanca le porte al rilancio dell’industria farmaceutica. Lo promette il ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola: «È un settore vitale del nostro Paese che va mantenuto e aiutato», ma senza finanziamenti a pioggia. Rilancia e si spinge più avanti il sottosegretario al Welfare con delega sui farmaci, Ferruccio Fazio, che annuncia agevolazioni fiscali per la ricerca biomedica con tanto di riduzione di oneri sociali, in aggiunta all’imminente ripartenza del «tavolo» per la farmaceutica. Nel giorno della celebrazione del suo trentennale, F a r m i n d u – stria raccoglie promesse e riconoscimenti dal Governo. E attende ora che dalle parole si passi ai fatti, ricordando i tempi bui delle 16 manovre in cinque anni del Berlusconi bis: «Ma oggi non sarebbe più possibile », confidano gli industriali del farmaco. «Le condizioni – commenta Emidio Stefanelli, voce ufficile delle Pmi farmaceutiche – sono ben diverse da quelle del 2001: erano stati aboliti i ticket; la spesa era esplosa. Ora tutto è sotto controllo ». «Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che le industrie farmaceutiche sono un pilastro dell’economia italiana: altri interventi nel settore non potranno essercene», chiosa il patron di SigmaTau, Claudio Cavazza. Ovvero: «Uno che investe il 20% in ricerca», come non manca di segnalare Dompé. Industrie ormai da 15 anni in mezzo al guado tra manovre ripetute, tagli ai prezzi, ricavi che non brillano più come nei bei tempi andati, big pharma che ormai divorano sé stesse, le farmaceutiche che operano in Italia lanciano quasi l’ultimo appello per garantirsi il rilancio. Magari, chissà, un futuro sicuro. O meno incerto. E giovedì scorso, all’assemblea annuale Farmindustria – che ha compiuto 30 anni proprio come il Ssn – il parterre degli industriali si è riconosciuto in pieno nelle parole del suo presidente, Sergio Dompé, che ha chiesto di lasciarsi definitivamente alle spalle tre decenni di politica industriale di corto respiro. Non senza sottolineare le «scelte imprenditoriali coraggiose fatte in anni in cui la tentazione di lasciare l’Italia era forte». Ma ora «la tentazione è stata vinta», giura Dompé, con la voglia di scommettere sull’Italia e sulle sue eccellenze. A scommettere sull’Italia, del resto, ci sono anche gli investitori esteri, che creano fatturato per 400 miliardi di euro l’anno e impiegano 800mila lavoratori, come ha ricordato Angelos Papadimitriou, presidente del Comitato tecnico per gli investitori esteri in Italia di Confindustria e vicepresidente Farmindustria. «Il 75% di chi investe in Italia è soddisfatto dei risultati ottenuti e dei lavoratori italiani, che dalla loro parte hanno un alto tasso di innovatività e di flessibilità», ha spiegato. I problemi, ha aggiunto, lanciando un esplicito messaggio anche in vista di un eventuale riordino del regolatorio «non sono la fiscalità o gli incentivi: gli azionisti possono comprendere la mancanza di fondi, ma non i ritardi nell’immissione in commercio di prodotti innovativi ». Riassumendo: a rilancio fatto le farmaceutiche non se la sentono davvero più di rischiare all’infinito. Servono un terreno fertile e certezze granitiche per investimenti che mai come nelle scienze della vita sono tanto a rischio, proprio come una mano di poker. Per questo Dompé ha rivendicato l’orgoglio dell’industria farmaceutica di essere e di fare impresa, ma sempre dentro il sentiero dell’etica d’impresa. Che poi si riassume in un orgoglio specifico: «Il farmaco è una risorsa di salute democratica,

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