«Da qualche anno sono soprattutto alcuni ex informatori scientifici del farmaco che, smessa la loro professione, hanno trovato occupazione in quelle catene con più farmacie che sono sorte in Ticino». Prima erano gli infermieri, poi le aziende, ora i professionisti del farmaco: è scattato un nuovo esodo. Anche da Varese i neo laureati preferiscono la Svizzera. Ma i colleghi d’oltreconfine sono già in allerta.
Farmacisti in fuga. Sempre in Ticino
Mercoledì 14 gennaio 2015 – La Provincia di Varese
Protestano gli assistenti di farmacia del Canton Ticino contro l’«esodo» di laureati italiani in farmacia che verrebbero assunti, per salari inferiori, nelle farmacie d’oltreconfine, facendo concorrenza sleale ai lavoratori “indigeni”.
Parla di «concreto pericolo italiano» l’associazione ticinese degli assistenti di farmacia, che alza le barricate contro «un fenomeno ancora su scala minima ma in espansione».
Il «paradosso», secondo l’associazione, è rispetto alle norme contenute nel contratto collettivo di lavoro «nel quale sono stabiliti dei salariali minimi per i ruoli di assistenti di farmacia il cui iter formativo non prevede l’acquisizione di una laurea in farmacia».
Stipendi bassi, grandi qualifiche
Oltre che per aggirare il contratto collettivo, l’assunzione di farmacisti italiani rappresenterebbe un modo per ottenere una manodopera specializzata e in certi casi sovra-qualificata, con maggiori competenze spendibili nell’impiego, ad un costo inferiore rispetto ai “concorrenti” elvetici, ma comunque sempre superiore alla media salariale di un impiego in una farmacia in Italia.
Federfarma conferma che «un aumento di laureati italiani assunti in Svizzera c’è stato». Eppure la portata del fenomeno non è ancora tale da stravolgere gli equilibri del mercato del lavoro elvetico come succede in altri settori.
«Quello dei colleghi d’oltre frontiera è un allarmismo eccessivo e per ora infondato – minimizza Luigi Zocchi, presidente di Federfarma Varese – Parliamo di un fenomeno ancora molto limitato, perché dalle informazioni in nostro possesso per ora il numero di laureati in farmacia della provincia di Varese che hanno trovato un posto in Ticino non è rilevante, si tratta solo di poche unità».
Poca cosa rispetto ad un fenomeno, quello del frontalierato, che sposta quotidianamente circa 30mila persone dal Varesotto oltre i valichi di Gaggiolo, Ponte Tresa e Zenna.
«Da qualche anno – fa notare Zocchi – sono soprattutto alcuni ex informatori scientifici del farmaco che, smessa la loro professione, hanno trovato occupazione in quelle catene con più farmacie che sono sorte in Ticino. Ma la categoria che in Canton Ticino protesta, quella degli assistenti di farmacia, ha una percentuale di occupazione che supera il 90%».
Posti di lavoro vacanti
Insomma, almeno per il momento i laureati del Nord Italia non stanno rubando il lavoro ai colleghi d’oltre frontiera, ma piuttosto starebbero coprendo posti di lavoro altrimenti vacanti. D’altra parte le opportunità di lavoro da questa parte del confine, che erano state aperte nel 2012 dalle norme sulla liberalizzazione introdotte dal governo Monti, sono per il momento rimaste solo sulla carta.
Il bando di concorso per le 343 nuove sedi farmaceutiche da mettere a disposizione in Lombardia, avviato a fine 2012, non è ancora giunto al termine del suo iter, in quanto, secondo la versione di Regione Lombardia datata settembre 2014, «il grande numero di concorrenti da controllare (3560 domande ricevute per un totale di 5540 concorrenti, ndr) e la numerosità delle Amministrazioni da contattare non permettono di prevedere i tempi di pubblicazione della graduatoria». Così forse per un giovane conviene buttare un occhio oltre il confine.
Andrea Aliverti