Ci viene segnalato il caso di Xenia Francesca Palazzo, campionessa paralimpica a Tokyo, figlia di Nadia, una campionessa russa, e di Giovanni, informatore scientifico
Xenia si racconta: “Alla nascita ho avuto una vasta emorragia celebrale a causa di una CID (coagulazione intravasale disseminata) che mi ha causato l’incompatibilità con la vita. Mia mamma mi ha portato a tre mesi a fare terapia in piscina. Prima c’erano solo i silenzi e poi man mano si è accesa una scintilla. Da lì è partito tutto”.
Alle Paralimpiadi di Tokyo ha vinto un oro nella staffetta 4×100 stile libero P34 partendo come prima frazionista, un argento nei 200 misti SM8 e due bronzi nei 400 stile libero S8 e nei 50 stile libero S8
Un risultato prezioso, perché inaspettato che le permette di chiudere i suoi Giochi in maniera trionfale.
Un esempio come nella vita non bisogna mai rassegnarsi e arrendersi, come bisogna avere quella forza di volontà di uscire dalla rassegnazione passiva, come bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi alle avversità.
Un collega ci invia la storia di Xenia, scritta dalla sorella, che volentieri pubblichiamo.
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Storia di Xenia Francesca Palazzo: una vita appesa ad un filo
Xenia è una nuotatrice paralimpica che alle Paralimpiadi di Tokyo 2020 ha conquistato quattro meravigliose medaglie: una d’oro, una d’argento e due di bronzo.
Dietro questi momenti di gloria e di grande successo, c’è un’infinita storia da raccontare di grandissime difficoltà, di sogni spezzati, di infortuni e di tante problematiche di salute, spesso purtroppo irrisolvibili.
Lei, con la sua voglia di vivere, di combattere e con tante speranze per superare infinite difficoltà, ha imparato a sfruttare al meglio le sue capacità residue, ponendosi degli obiettivi importanti e che sembravano a volte irraggiungibili.
La vita è una vera e propria battaglia, ma Xenia ha iniziato a combattere fin dal momento della nascita, perché ha avuto una vasta emorragia cerebrale causata da una CID (Coagulazione Intravasale Disseminata), incompatibile con la vita.
I medici non davano alcuna speranza…non c’era più nulla da fare, perché anche se fosse sopravvissuta sarebbe stata semplicemente un vegetale.
Per fortuna la reazione dei genitori è stata immediata: non era possibile accettare questa diagnosi catastrofica e abbandonare al suo destino quel corpicino, che sembrava chiedere aiuto, e, quindi, non si sono fermati, non si sono arresi, continuando la riabilitazione fra le mura domestiche, senza consultare più medici per lunghi dodici anni.
È stata in rianimazione per un mese lottando per sopravvivere e per tantissimi anni è stata una lotta continua, come un lungo e buio tunnel senza vie d’uscita.
I primi anni di vita, aggrappandosi a piccoli e lenti segnali di ripresa, sono passati tra percorsi di riabilitazione, massaggi, terapie in acqua, letture, lavori mirati sulla motricità, sull’equilibrio e poi successivamente sullo sviluppo del linguaggio con giornaliera logopedia, perché non riusciva ad imparare a parlare e ad associare la parola all’oggetto.
La sua vita aveva un unico obiettivo: “Lavorare e fare quello che gli altri non possono o non vogliono fare, perché le parole sono soltanto parole, ma i risultati sono i veri fatti.”
Nonostante i tanti anni di silenzi, senza successo, poi, improvvisamente, la tenacia e la fede sono stati ripagati. Ha cominciato a sbloccarsi e piano piano sono arrivati i primi grandi miglioramenti che hanno dato ancora più forza alla famiglia.
Con tanti sforzi, Xenia ha imparato non solo a stare seduta, ma anche a camminare, anche se con grande difficoltà e migliaia di cadute; ha imparato anche a deglutire e a mangiare non solo cibi liquidi, ma anche solidi.
Era una vittoria dopo l’altra… sembrava incredibile! Ancora più incredibile è che oggi è in grado di parlare e scrivere quattro lingue: italiano, russo, inglese e tedesco.
Sono stati anni duri che hanno temprato la sua anima, la sua voglia di andare avanti nonostante tutto, infatti, ha imparato a sue spese che è indispensabile la costanza nel lavoro se si vuole realizzare anche un minimo sogno, un piccolo obiettivo.
Xenia con la storia della sua vita vuole ricordare alle persone che i sogni si possono sempre e comunque raggiungere, anche se lei ha dovuto attendere ben ventitre anni e quattro mesi, lottando per raggiungere il suo sogno della medaglia paralimpica, da dedicare a chi l’ha sempre sostenuta e creduto in lei, anche quando tutto faceva credere esattamente il contrario.
Xenia dice: “La vita è come un libro, dove noi con la nostra voglia di vivere, di vincere le difficoltà e anche con le nostre debolezze e fallimenti, con le nostre cadute e risalite, scriviamo un capitolo alla volta, ma senza arrenderci mai! Tante volte la vita mi ha fatto inginocchiare, mettendomi davanti ad enormi difficoltà, che spesso sembravano insuperabili, ma la speranza non mi abbandonava mai e, quando tutto sembrava crollare, era il momento della risalita!
Ho imparato a non arrendermi mai ed ho capito che la felicità più grande sta nel sapersi rialzare dopo una caduta, perché le cicatrici col tempo guariscono, facendoci diventare ancora più forti.” Il nuoto è stato una grande terapia, è stato una vera e propria riabilitazione, fino ad arrivare all’agonismo, infatti, lei dice che il nuoto è stato ed è ancora la sua grande salvezza, il suo migliore amico, il suo migliore fisioterapista, un elemento senza il quale la sua vita non sarebbe quale oggi è, perché nell’acqua non si ha bisogno di protesi o di carrozzine per sentirsi liberi e se stessi. Xenia trascorre ogni giorno diverse ore allenandosi in piscina per ottenere risultati importanti che la fanno spesso salire sul podio anche quando le sue forze sembrano venire meno.
Dietro ai successi ci sono tante ore e tanti chilometri di sforzo fisico, fino a raggiungere anche dodici chilometri al giorno, che per le sue condizioni precarie diventano il doppio, ma sono proprio gli obiettivi a motivarla, arrivandoci minuto per minuto, giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento, gara dopo gara, passo dopo passo, cercando di migliorare costantemente.
Infatti, se si vuole davvero raggiungere un traguardo o qualcosa di importante e la salute non fa dei brutti scherzi, nulla ti potrà fermare per realizzare i tuoi sogni.
Sognare è come una medicina, l’importante è sapere dosare le aspettative e non bisogna avere paura di fallimenti.
Oggi Xenia partecipa a tanti progetti nelle scuole, alla campagna di sensibilizzazione per la donazione del sangue (ASFA), a sostenere progetti per i giovani con disabilità (Onlus Il Sorriso di Mavi), a convegni medici per raccontare la sua storia e per cercare di aiutare, con il suo esempio, tanti ragazzi ad avere i loro obiettivi, i loro sogni e a raggiungerli passo dopo passo con tenacia e determinazione.
Xenia ha un sogno: realizzare un centro sportivo di alto livello per giovani atleti talentuosi, con diverse disabilità, che possa conciliare lo sport con lo studio e la riabilitazione, dove loro possano vivere insieme, avere gli spazi per studiare, per allenarsi, per fare raduni, dove potere mettere a disposizione un team medico, spazi per socializzare, cioè un luogo che potrebbe facilitare le famiglie, visto che non tutti hanno la disponibilità di tempo e le risorse economiche necessarie.
Il suo grande obiettivo è quello di riuscire a rimettere in gioco anche la vita di una sola persona, perché lei si reputa fortunata di avere alle spalle una famiglia che l’ha sempre sostenuta, mentre altri possono essere in difficoltà e avere poco supporto.
Vorrei concludere con una frase che Xenia spesso pronuncia: “Spero di riuscire ad essere, con la mia imperfezione e semplicità, un esempio vivente di cosa vuol dire non arrendersi mai e sognare anche quando tutto sembra impossibile. Nonostante tutto sono grata al destino, perché il presente si costruisce sulle orme del passato e anche perché sono stata sempre circondata da persone speciali.”
Adesso vorrei aggiungere rivolgendomi a Xenia: “Carissima sorella, sei un grande esempio di coraggio, di tenacia, di perseveranza e che ai miei occhi sei come un faro di luce che illumina il mio percorso di vita. I miracoli succedono…”
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