X-PHARMA: “WE ARE AT THE GAS PIPE”

 

Institutional meeting that leaves little hope for the 376 jobless employees

 

SENZA LAVORO e senza stipendio. Sono distrutti i 376 informatori scientifici della X-Pharma che naviga in brutte acque e ha deciso di chiudere dopo due soli anni di attività. Ieri pomeriggio una delegazione dei lavoratori precipitati in un inferno in pochi giorni, ha gridato la propria disperazione al sindaco Adriano Poletti e a Bruno Casati, assessore alle Crisi Industriali della Provincia. Il summit convocato d’urgenza in Comune su richiesta dei sindacati è durato ore, sono servite per mettere a fuoco la situazione e preparare la contromossa. Il copione è lo stesso già visto in casi simili negli ultimi mesi, con Marvecs, altra società del Colleoni, la monzese Roche e la caponaghese Astrazeneca, le grandi del territorio che hanno «rottamato» gli esperti di farmaci sull’onda di una crisi strutturale che cercano di risolvere a «scaricabarile». Cedendo cioè il personale in esubero a società specializzate e garantendo, almeno sulla carta, posto e stipendio per tre anni, uscendone pulite e pagando fior di incentivi ai compratori. Si parla di milioni di euro. Con qualche ritocco al ribasso nei tempi, è successo anche alla X-Pharma, nata dalla cessione di tre rami di azienda, uno della Solvay, uno della Fournier e uno della Merck Sharp, a cui si sono aggiunte assunzioni individuali, da Bayer, Shering, Ucb e Dompé, il tutto in tre tranche, da gennaio 2006 alle ultime di due mesi fa. Un’ottantina di informatori lavorano nell’hinterland milanese, il resto in tutta Italia, nella sede di Agrate operano anche una ventina di amministrativi, pure loro sono in mezzo alla strada. Secondo quanto riferito dai sindacati il bilancio 2007 della società avrebbe registrato una perdita 9 milioni di euro su un fatturato di 40. Ma in Camera di Commercio non è stato depositato nessun documento economico. IL «BUCO» è un’enormità, e rende quasi impossibile trovare sul mercato un compratore che rilevi personale altamente qualificato e prodotti in concessione, la vera risorsa su cui puntare. La matassa è ingarbugliata. «È uno scandalo che va denunciato pubblicamente – dice Casati – siamo in presenza di una violazione della legge 30 e della cessione di ramo d’azienda. Qui si vende manodopera». Le istituzioni si sono messe a disposizione dei lavoratori. «Bisogna coinvolgere la case-madri da cui provengono gli informatori – aggiunge l’assessore – e aprire una trattativa a tutto campo sul recupero delle professionalità». Una strada difficile da percorrere, in presenza di una crisi che non ha nulla di congiunturale, ma che la stessa Fedefarma ha annunciato all’inizio del 2008 fornendo dati che non lasciano scampo: in Italia ci sarebbero 10mila informatori di troppo, la metà dei quali nell’hinterland milanese, uno dei poli della farmaceutica più sviluppati del Paese. Dramma nel dramma. I lavoratori della X-Pharma hanno avuto la brutta notizia il 24 luglio. «Per mesi i manager ci hanno detto che le cose andavano bene – spiega Mario Tornaghi della Cisl – poi ci siamo ritrovati a fare i conti con la chiusura». Si lotta per salvare redditi e posti di lavoro: «sono questi i nostri obiettivi», aggiunge Livia Raffaglio della Uil, «quello di X-Pharma è un business da mantenere», precisa Giancarlo Lombardo della Cgil. Gli informatori sono disperati. DAL 1° SETTEMBRE dovrebbero entrare in cassa integrazione straordinaria ma dopo il mancato accordo sindacale, l’ultima parola spetta al Ministero. La Regione, il cui parere non è vincolante, si è già espressa favorevolmente. «Siamo alla canna del gas – dice Daniele Muzzarelli, uno degli informatori senz

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