Se decidessero di vendere tutto avrebbero solo l’imbarazzo della scelta del compratore: una delle big pharma globali. Per incassare un assegno che potrebbe arrivare a diversi miliardi di euro.
Ma chi conosce bene i fratelli Aleotti, Lucia e Alberto Giovanni, 46 e 40 anni, da pochi mesi alla guida dell’impero farmaceutico di famiglia Menarini nel quartiere generale di Firenze, sa bene che l’ipotesi è solo teorica. Per una serie di motivi. Intanto la Menarini, un colosso arrivato a un giro di affari superiore a 3 miliardi con 16 mila dipendenti, la gran parte all’estero, macina ricavi e soprattutto utili, grazie a un meccanismo ben oliato, con un solido equilibrio tra farmaci etici e da banco, tra i prodotti frutto della ricerca propria e quelli legati a licenze internazionali. Il tutto imperniato su una rete di informatori scientifici duplicata all’estero che le multinazionali del farmaco invidiano al gruppo fiorentino. Una macchina da guerra organizzata nei dettagli dal patriarca, Alberto, 89 anni, ancora presidente ma ormai poco presente in azienda per problemi di salute.
E proprio per rispetto al padre i fratelli Aleotti, legatissimi anche tra di loro (Lucia è vice-presidente e Alberto Giovanni consigliere, ma presto dovrebbero ricevere altre deleghe), non vogliono scendere dalla nave, ma anzi continuare sulla rotta dell’espansione all’estero. Grazie anche a un equipaggio collaudato con due comandanti, i direttori generali Domenico Simone per la parte operativa e Pietro Giovanni Corsa per quella finanziaria.
VICTORY IN BERLIN
Il primo è impegnato soprattutto a mettere a frutto l’ultima acquisizione, la Invida di Singapore, strappata al mondo del private equity internazionale alla vigilia di una possibile ipo e quotazione in Borsa di quello che vorrebbe diventare il cavallo di Troia della Menarini nel Far East. In particolare in 13 Paesi a rapida crescita, dall’Indonesia alla Cina, mercato ideale per il portafoglio prodotti della Invida e soprattutto bacino importante per distribuire i farmaci della casa madre, famosa in Italia per prodotti di larga diffusione come VivinC e Fastum gel ma anche conosciuti per i medicinali per il diabete, l’ipertensione e gli antibiotici. Simone ha già avviato le pratiche per le autorizzazioni nazionali alla produzione e alla vendita di farmaci consolidati in Europa e a predisporre i primi staff destinati ad allestire una rete di informatori scientifici mirati per i singoli mercati e rispettando usi e tradizioni locali in termini di medicina ospedaliera e del territorio. «Puntiamo a raggiungere 1 miliardo di ricavi entro il 2016 conto i 150 milioni di oggi»