Il Garante: serve più concorrenza
Ha ragione l’Antitrust quando afferma che il Collegato fiscale alla Finanziaria 2008 – da questa settimana all’esame di Montecitorio dopo il passaggio al Senato – "ingessa" il mercato, protegge le "quote storiche" delle singole imprese farmaceutiche e ostacola la crescita delle imprese genericiste? O hanno ragione i ministri della Salute, Livia Turco , e dello Sviluppo economico, Pierluigi Bersani , scesi in campo per difendere – in un messaggio a quattro mani inviato a «Il Sole-24 Ore» – una riforma del settore farmaceutico che fa un deciso passo avanti verso la costruzione di un regolatorio che «dia certezze alle imprese, incentivi l’innovazione e promuova la concorrenza»? La disputa a distanza s’è sviluppata la settimana scorsa dopo la segnalazione che il Garante ha inviato al Governo e ai presidenti di Camera e Senato chiedendo di introdurre misure pro-concorrenziali nel testo dell’articolo del Dl 159/2007 dove si delinea il riassetto del mercato dei medicinali. Con i rilievi l’Antitrust non c’è andato leggero: la norma prevede la definizione di budget aziendali individuali «propone, per gli anni a venire, una struttura di mercato che conserva, in larga misura, le attuali posizioni relative tra le imprese», quanto meno rallentando la dinamica di mercato tra concorrenti; la quota delle risorse incrementali destinata a premiare le imprese più innovative «è ancora largamente minoritaria»; mancano infine gli elementi giusti per «incrementare il grado di concorrenza tra prodotti equivalenti (concorrenza statica), che in questo settore si esplica prevalentemente con la diffusione dei farmaci generici e di importazione parallela». Generoso sia nel dispensare critiche che consigli, il Garante invita il legislatore a correggere il tiro sulla suddivisione delle risorse, incentivando ricerca e innovazione, a promuovere la concorrenza di prezzo grazie all’attività di genericisti e importatori paralleli, i cui vantaggi – per i consumatori italiani e il Ssn – restano assai ridotti rispetto agli altri Paesi Ue. Nel pacchetto del Garante anche il tema sempreverde dei margini alla distribuzione – «una remunerazione a forfait per confezione venduta darebbe vita a un profilo regressivo dei margini rispetto al prezzo del prodotto e potrebbe incentivare quindi i distributori a commercializzare i farmaci a minor prezzo, spesso rappresentati dai farmaci generici» – e l’auspicio della valorizzazione delle potenzialità in termini di concorrenza e di risparmio della distribuzione parallela di prodotti provenienti da Paesi nei quali il prezzo regolamentato risulta più basso rispetto a quello fissato in Italia. Puntualizzazioni su cui l’accoppiata Turco-Bersani non entra più di tanto, preferendo difendere a spada tratta il nocciolo vero della svolta: «La riforma – scrivono – innova radicalmente la situazione e non solo perché dà stabilità ai prezzi introducendo al posto del taglio di prezzo il rispetto del tetto tramite il pay-back rispetto ai budget contrattati con l’agenzia italiana del farmaco». «Per la prima volta – proseguono i ministri – viene riservata all’interno del tetto di spesa una quota di risorse significative per assicurare prezzi remunerativi ai farmaci che incorporano un maggiore contenuto di ricerca e innovazione». E infine «viene introdotto il principio per cui risorse liberate dalla discesa di prezzo dovuta all’uscita di brevetto di un farmaco vengono riutilizzate per premiare via prezzo l’innovazione e per assicurare uno spazio di crescita ai generici stessi: in questo modo si evita che quelle risorse vengano vanificate dalla pratica di spostamento del consumo verso i farmaci ancora coperti da brevetto». Su una cosa – però – i ministri convergono con l’Antitrust: «