Mentre ieri a Roma Governo e Regioni si sono rivisti al tavolo sulla farmaceutica per esaminare il capitolo della Manovra dedicato al tema, si intensifica il pressing delle parti sociali sul Governo per fare in modo che dall’iter di conversione del decreto escano misure ripulite delle spine più pungenti. L’attenzione dei medici è concentrata sul capitolo inerente il blocco dei contratti e del turn over, con le sigle della medicina di famiglia impegnate in queste ore a cercare di salvare dalla scure almeno la quota di compenso destinata ai fattori di produzione. Ma gli articoli dove il gioco incrociato delle "lobby" si preannuncia più intenso sono quelli su equivalenti e farmaci. Assogenerici continua a non digerire la novità delle gare Aifa che – nelle intenzioni delle Regioni, ispiratrici della novità – dovrebbero invitare i produttori a farsi concorrenza, né capisce perché dal meccanismo siano stati esclusi gli equivalenti branded. I titolari di farmacia e i grossisti cercheranno di commutare in un intervento generalizzato sui prezzi al pubblico il taglio del 3,65% ai margini della filiera distributiva, ovviamente Farmindustria permettendo. E infine a premere per ritocchi ci potrebbe essere anche la stessa Agenzia del farmaco. Il suo direttore generale, Guido Rasi, non ha mai contestato la Manovra e in tutte le dichiarazioni si è sempre limitato ad auspicare alcuni "miglioramenti". Ma dall’interno dell’Aifa arrivano voci che tradiscono una certa preoccupazione per la questione gare. A parte la fumosità del decreto e la difficoltà di gestirle burocraticamente, il timore è quello di essere travolti in breve tempo da valanghe di ricorsi dei produttori.