Le aziende farmaceutiche hanno tagliato i prezzi dei loro prodotti nei Paesi dell’area Euro per un totale di circa 7 miliardi di euro dall’inizio della crisi. Ma il commercio parallelo che ne è scaturito ha portato a gravi carenze di medicinali in Stati come la Grecia.
E’ la denuncia che arriva da una conferenza annuale sul settore organizzata dall’Economist a Londra nei giorni scorsi. I prezzi dei farmaci in Grecia sono attualmente il 20% al di sotto dei livelli più bassi registrati in Europa e il governo stima che più del 25% dei medicinali che arrivano nel Paese vengano successivamente riesportati.
Di conseguenza, circa 300 prodotti risultano carenti e il governo ha pubblicato un elenco di 50 aziende farmaceutiche che hanno smesso o hanno intenzione di interrompere la fornitura alla Grecia. Il divieto di esportazione annunciato a gennaio ora include circa 60 farmaci e i funzionari stanno valutando l’aggiunta di altri 300. In più, una nuova onda di riduzione dei prezzi dei medicinali dovrebbe entrare in vigore in Grecia a breve.
Alcune nazioni hanno utilizzato questi sconti come ‘prezzo di riferimento’ al fine di ridurre la propria spesa, ha detto Briggs Morrison, vice presidente esecutivo per lo Sviluppo globale di farmaci di AstraZeneca, secondo il quale questo genere di decisioni di bilancio con visione a breve termine non sono nel migliore interesse dei pazienti e dei sistemi sanitari.
I Paesi soggetti a misure di austerità, in particolare in Spagna, Portogallo, Italia, Grecia e Irlanda – ha ricordato Morrison – hanno ridotto la loro spesa per l’assistenza sanitaria e in particolare per i medicinali, ma sarebbe stato preferibile, al contrario, aumentare gli investimenti. I medicinali innovativi, infatti, cambiano la vita delle persone, le mantengono sane ed è proprio così che possono essere fatti risparmi