Un fatturato cresciuto del 34,3% dal 2001 al 2005 (in media +7,7% l’anno). Nello stesso periodo un numero di addetti aumentato del 21,3% (+4,9% l’anno), a 30.985. E un impegno in ricerca pari all’8,8% del fatturato tra il 2003 e il 2005, con la previsione di salire al 9,9% nel 2006-2008. Con questi numeri “le aziende farmaceutiche italiane dimostrano il loro ruolo chiave nello sviluppo economico del nostro Paese”. Parola di Guido Corbetta e Mario Minoja, economisti del Centro di Ricerca imprenditorialità e imprenditori (Enter) dell’università Bocconi di Milano, autori di una ricerca presentata ieri nel capoluogo lombardo e condotta su un campione di 12 società farmaceutiche nazionali: Abiogen, Acraf, Alfa Wassermann, Bracco, Chiesi, Dompé, Italfarmaco, Menarini, Recordati, Rottapharm, Sigma-Tau e Zambon. “La farmaceutica italiana veniva data per morta anni fa – ha riferito Corbetta – ma i dati raccolti provano che non è così e che il comparto è vitale”. Tra gli altri assi nella manica del settore Pharma nella penisola, emerge dallo studio, anche una forte spinta all’internazionalizzazione – con 197 insediamenti all’estero, oltre ai 76 in Italia – e all’innovazione. Nel periodo 1991-2003 il numero annuo di richieste di brevetti presentate all’Ufficio europeo è più che triplicato rispetto al 1980-1990: 708 contro 217, con una media di 4,54 brevetti per ogni azienda l’anno.
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