Vincenzo ha lasciato il suo lavoro di informatore scientifico ed è divenuto il tutor di suo figlio, oltre che primo padre in Italia “compagno di banco” del proprio figlio. Il libro, edito dalla Mondadori, è il racconto di un amore senza fine.
24 Aprile 2015 – Cinzia Monte – da BITONTO
Una bella e semplice storia d’amore che non avrà mai fine, un disinteressato e incondizionato “finché morte non ci separi” che non conoscerà mai contratti né separazioni terrene.
È la storia di Giulio e della sua famiglia che si batte per lui dalla sua nascita, quando a soli due anni di vita, i medici diagnosticarono a Giulio un “autismo ad alto funzionamento” e ritardo mentale, che ha stravolto le loro vita, senza però mutare in alcun modo il legame tra i membri.
A raccontarla è Vincenzo D’Aucelli, papà di Giulio, nel libro edito dalla Mondadori e reso pubblico martedì scorso, dal titolo “Amico mio, sono felice”.
“La storia di Giulio, mio figlio autistico, e della nostra sfida quotidiana sui banchi di scuola e nella vita”, si legge in copertina ed è effettivamente il messaggio che il libro vuole lanciare. Vincenzo, infatti, oltre ad avere il ruolo di padre, nel 2013 ha conseguito una laurea in Scienze della Formazione, ha lasciato il suo lavoro di informatore scientifico ed è divenuto il tutor di suo figlio, oltre che primo padre in Italia “compagno di banco” del proprio figlio.
Il libro non è che il racconto della normalità e quotidianità delle loro vite, fatte di studio, attività extrascolastiche, come il nuoto, l’equitazione, le passeggiate, le lezioni di pianoforte e il cinema, e la vivacità degli affetti, vissuti da Giulio senza alcuna barriera e ritrosia.
«Se fosse un’automobile, sarebbe un modello non costruito in serie, ma unico, originale e uguale solo a se stesso, con prestazioni eccezionali in alcuni ambiti e qualche difetto», afferma Vincenzo di suo figlio, quando ne descrive la simpatia, la giovialità e la felicità di un sedicenne come tanti altri.
Certo le difficoltà non mancano e probabilmente, oltre la straordinarietà della scelta di vita di Vincenzo e della sua famiglia, che ha anteposto il bene Giulio ad ogni altra cosa, non si può non cogliere la sconfitta di un sistema che non funziona come dovrebbe se porta un padre a sostituirsi al ruolo di insegnante e di tutor.
Quel che resta è però una gratificazione che va oltre ogni limite davanti ad un’affermazione semplice, sincera e incredibilmente bella, come “Amico mio, sono felice”.
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