«Il Tavolo dell’Aifa sulla distribuzione diretta dovrebbe servire, come suggerisce il nome, a risolvere i problemi della distribuzione diretta. Stupisce che ora le Regioni se ne servano per provare a risolvere i loro problemi sulla convenzionata». E’ la battuta con cui Emilio Stefanelli, vicepresidente di Farmindustria, boccia le proposte presentate giovedì scorso dai tecnici regionali al secondo incontro del Tavolo coordinato dall’Agenzia del farmaco. Proposte che, al punto uno, rivendicano la possibilità di incanalare nella diretta-dpc anche farmaci appartenenti alla distribuzione convenzionata, come già ipotizzava l’Atto d’indirizzo approvato il giorno prima dal Comitato di settore-sanità delle Regioni.
Stefanelli, il messaggio che arriva dalla controparte pubblica è cristallino: se potessimo estendere la diretta anche ai farmaci della convenzionata, acquisteremmo tramite gara centralizzata un ventaglio più ampio di prodotti e otterremmo risparmi maggiori. Qual è la vostra replica?
I prezzi ai quali le aziende commercializzano i propri farmaci sono già stati negoziati, con l’Aifa. Non ci può essere un secondo percorso: se le Regioni ritengono che in alcuni limitati casi il prezzo sia problematico, in base a considerazioni medico-cliniche, noi siamo anche disponibili a risederci a un tavolo e parlarne, ma con l’Agenzia del farmaco. Ossia l’organismo che per legge è deputato a negoziare i prezzi dei medicinali.
Per difendere le gare e i risparmi che assicurano, però, la delegazione regionale (guidata da Loredano Giorni, responsabile del servizio farmaceutico piemontese) ha portato l’esempio di un farmaco che in convenzionata costa 300 euro e con acquisto centralizzato soltanto tre…
Non conosco i motivi per cui quella specifica azienda abbia offerto un ribasso tanto forte. Posso però fare un’ipotesi teorica: se un produttore ha in listino una specialità che fa il 2% del mercato in ospedale e il 98% sul territorio, ottiene indiscutibili vantaggi quando vince una gara centralizzata. Perché una volta che il paziente viene dimesso e prosegue la terapia a domicilio, usa lo stesso farmaco in convenzionata anziché in fascia H. Ma stiamo parlando di situazioni che interessano un numero ristrettissimo di molecole, perché nella normalità quel prezzo è semplicemente anti-economico. E lo diverrebbe anche nel caso citato da Giorni se, a causa delle gare e della successiva distribuzione diretta, quel produttore si vedesse ridurre significativamente la quota di mercato nella convenzionata.
Quindi la proposta Giorni per voi è irricevibile…
Noi vogliamo che tutti i farmaci della convenzionata, e sottolineo tutti, siano sempre disponibili al paziente in base alle scelte del medico prescrittore. Non vogliamo sistemi che decidano questo sì e quest’altro no, la scelta deve essere sempre lasciata a medico e paziente e senza penalizzazioni o ticket, come sta accadendo in Basilicata.
Non c’è solo la Basilicata…
A quanto ci risulta, esclusa la Lucania rimangono fenomeni limitati: a Rimini e in qualche altra provincia dell’Emilia Romagna, a Grosseto, forse in Piemonte. Le Regioni sbagliano se pensano che questo sistema possa diventare strutturale, i ribassi di gara cui faceva riferimento Giorni non potranno mai farsi sistemici. Voglio sperare che anche le Regioni se ne rendano conto e che la loro forzatura serva soltanto a porre sul tavolo il problema risorse, che senza dubbio è concreto.
Pessimista allora per la continuazione del tavolo?
Al contrario: il Tavolo era stato chiesto da Federfarma per la legittima esigenza di dare flessibilità al Pht in entrata e uscita, uniformarlo quanto più possibile e allargare la dpc a beneficio dei pazienti; sono convinto che con il tempo la direzione dei lavori prenderà la giusta direzione.
(AS – Federfarma – 14/03/2017)
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