Risparmiando a ogni costo?
Il sistema normativo crea un automatico conflitto di interesse in capo al vertice della struttura sanitaria. Viene configurato volutamente un meccanismo di incentivi e di penalizzazioni tale da creare un automatico conflitto di interesse in capo al vertice della struttura sanitaria e a cascata dei medici portatori di interessi potenzialmente in conflitto con l’obiettivo del Servizio sanitario, cioè la tutela della salute dei cittadini
IBL – Istituto Bruno Leoni – 30 giugno 2017
Nonostante il diritto alla salute sia proclamato come un diritto universale garantito a tutti, la realtà è ben diversa. Le esigenze di bilancio fanno sì che le politiche sanitarie si intromettano con sempre più pervasività nelle scelte terapeutiche.
In alcuni casi si può addirittura configurare una vera e propria nuova dimensione del conflitto in materia farmaceutica tra gli interessi della dirigenza amministrativa e dei medici con l’obiettivo del servizio sanitario, cioè la tutela della salute delle persone.
Da una parte il sistema normativo mostra particolare (e giusta) attenzione ai conflitti di interesse delle case farmaceutiche, anche nei loro rapporti con i singoli medici, ma, dall’altra parte configura volutamente un meccanismo di incentivi e di penalizzazioni tale da creare un automatico conflitto di interesse in capo al vertice della struttura sanitaria.
Il risparmio, insomma, viene ricercato anche a (potenziale) scapito della salute dei pazienti: si vuole confermare l’attuale impalcatura del SSN, ma si cercano rimedi pericolosi alle sue storture. Si evita però accuratamente di effettuare una serena valutazione in merito all’inadeguatezza, in riferimento alla gestione razionale della spesa, dell’attuale sistema normativo e organizzativo, rifiutando ideologicamente a priori anche solo l’apertura di un dibattito su una possibile riorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale in senso più dinamico e aperto alla concorrenza.
Il contenimento della spesa sanitaria, o quantomeno la sua stabilizzazione in prospettiva futura passa anche attraverso il contenimento della spesa farmaceutica. Una tecnica per limitarla è stata individuata nell’utilizzo dei farmaci cosiddetti “equivalenti”, cioè farmaci che si sono rivelati efficaci come altri già in commercio, ma con prezzi molto più bassi: per incentivare l’utilizzo degli “equivalenti” le regioni, sulle quali ricade la responsabilità diretta della gestione dei bilanci sanitari, hanno elaborato incentivi di varia natura nei confronti dei direttori generali delle AUSL. Di fatto nei contratti dei dirigenti delle aziende sanitarie locali sono spesso presenti clausole estremamente stringenti nelle quali vengono fissati obiettivi di risparmio (anche) della spesa farmaceutica che, se non conseguiti, possono condurre a severe penalizzazioni nella retribuzione, se non anche alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Il caso AstraZeneca S.p.a. c. regione Piemonte: la fattispecie
Un esempio purtroppo paradigmatico di come effettivamente stia funzionando il sistema poc’anzi delineato è fornito dal caso AstraZeneca S.p.a. c. regione Piemonte, recentemente deciso dal Tar Piemonte. La regione, mediante deliberazione di giunta regionale n. 30-3307 del 16 maggio 2016 stabilisce che “ogni singola azienda deve ridurre di almeno il 70% lo scostamento tra il proprio costo medio per confezione e quello di riferimento”. Sebbene espresso in termini burocratici, la giunta regionale è molto chiara nel determinare l’obiettivo che ciascun direttore generale deve conseguire in relazione al contenimento della spesa per le statine, cioè i farmaci di (relativamente) nuova generazione che riducono il colesterolo nel sangue: nell’arco di un anno ogni Azienda sanitaria deve giungere ad un costo medio per confezione di farmaco tale da ridurre di almeno il 70% lo scostamento esistente rispetto al costo medio per confezione registrato nell’Azienda sanitaria regionale di riferimento, cioè quella in cui la spesa è più bassa (”best performer”).
Il mancato conseguimento dell’obiettivo viene considerato alla stregua di un “grave inadempimento contrattuale”, con conseguente decadenza immediata dei direttori generali che non siano stati in grado di raggiungerlo. Contestualmente, i direttori generali che abbiano conseguito il 60% degli obiettivi prefissati vengono premiati con un trattamento retributivo integrativo.
Il combinato di sanzione e premio è facilmente preventivabile: i direttori generali avrebbero imposto ai medici delle ASL di prescrivere in modo pressoché automatico il farmaco meno costoso afferente alla categoria terapeutica delle statine, senza alcun’altra valutazione tecnica o terapeutica.
Il Crestor di AstraZeneca ha un prezzo contrattato con AIFA significativamente più elevato delle altre statine in commercio perché è ancora soggetto a copertura brevettuale, ma anche perché vanta una maggiore efficacia terapeutica nella riduzione del livello di colesterolo del sangue.
Ad avviso di AstraZeneca l’applicazione del meccanismo di risparmio stabilito dalla giunta regionale condurrebbe alla sostanziale fuoriuscita del Crestor dal mercato piemontese: la rosuvastatina è stata infatti implicitamente inserita dalla deliberazione della giunta nella categoria degli inibitori della HMG CoA reduttasi insieme con tutte le altre statine.
L’intervento del Tar nel caso AstraZeneca S.p.a. c. regione Piemonte
La Regione Piemonte, secondo AstraZeneca, ha implicitamente effettuato una valutazione di equivalenza tra la rosuvastatina e le altre statine. Il meccanismo di risparmio imposto renderebbe sostanzialmente impossibile l’uso della rosuvastatina in Piemonte; tra l’altro, non essendo prevista alcuna deroga al sistema di valutazione dell’operato dei direttori generali delle Aziende sanitarie, si giungerebbe addirittura al risultato di non poter più somministrare il Crestor ai pazienti attualmente in cura con tale medicinale e il cui fisico si sia già stabilizzato su questo particolare tipo di statina.
La deliberazione della giunta della regione Piemonte viene impugnata dalla ricorrente AstraZeneca sotto cinque distinti profili perché:
- effettuerebbe implicitamente un giudizio di equivalenza terapeutica tra la rosuvastatina e le altre statine presenti in commercio, ma ciò sarebbe illegittimo perché tale valutazione è riservata alla competenza dell’AIFA dall’art. 15, comma 11-ter, d.l. 95/2012 e, nella fattispecie, l’Agenzia non ha mai effettuato una simile valutazione;
- sarebbe illegittima per eccesso di potere e difetto di motivazione a fondamento della valutazione di equivalenza tra i diversi principi attivi in questione;
- lederebbe il principio della libertà prescrittiva del medico;
- violerebbe il principio della continuità terapeutica dei pazienti già trattati mediante la rosuvastatina;
- sarebbe irragionevole, in quanto legherebbe la valutazione dei direttori generali a un parametro del tutto inadeguato come quello del costo medio per confezione di farmaco.
Il Tar Piemonte accoglie pienamente il ricorso ribadendo tre principi fondamentali: Esclusività dell’AIFA in materia di valutazione di equivalenza terapeutica dei farmaci, Libertà di prescrizione del medico secondo “scienza ed esperienza”, Diritto alla continuità terapeutica.
Secondo i giudici nell’ordinamento vige il principio generale secondo il quale il medico è libero nel poter prescrivere il farmaco che, per sua scienza ed esperienza, ritiene essere quello più adatto alle condizioni patologiche del suo paziente. La regione può limitare tale libertà in funzione di altre esigenze, quali possono essere quelle del contenimento della spesa, solo se risulti scientificamente provata “l’equivalenza terapeutica tra medicinali basati su diversi principi attivi”: una limitazione di tal fatta deve però essere sorretta da motivate e documentate valutazioni dell’AIFA, in caso contrario ciò costituisce una lesione delle prerogative professionali dei medici. Il vincolo creato dalla regione è talmente preciso e pervasivo da “ingenerare nei destinatari … una propensione ad uniformarvisi, facendo così prevalere logiche di risparmio a discapito del parametro dell’appropriatezza della cura”.
Verso una nuova dimensione del conflitto di interesse?
La scelta del governo piemontese annullata dal Tar cerca di affrontare la spesa farmaceutica, ma lo fa con strumenti largamente inadeguati. La fattispecie appena esposta pone alla luce un meccanismo inquietante e opaco, purtroppo diffuso anche in altre regioni: la tendenza a ridurre i livelli di assistenza in modo occulto mediante la manipolazione dell’offerta delle prestazioni. Il SS regionale dichiara pubblicamente di garantire l’assoluta copertura delle spese per le statine, cioè per farmaci di importanza capitale, in quanto deputati a tenere sotto controllo il livello di colesterolo, diffusa e seria concausa di malattie cardiache; poi, però, in realtà la regione crea un’equivalenza tra farmaci sostituendo la sua valutazione a quella dell’AIFA al solo fine di costringere i medici a prescrivere le statine meno costose per l’assicurazione pubblica. Una simile operazione è congegnata per far apparire ai contribuenti/assistiti che la categoria delle statine sia completamente a carico dell’assicurazione pubblica, mentre la realtà è opposta e la rosuvastatina resta a carico dei malati.
La deliberazione annullata dal Tar aveva il fine di “persuadere” i medici a contenere la spesa per confezione di farmaco, ma, in realtà, costituiva un pesante condizionamento alla loro stessa attività professionale: i direttori sanitari venivano costretti a perseguire la diminuzione della spesa farmaceutica sostanzialmente a ogni costo.
Si può quindi addirittura configurare una vera e propria nuova dimensione del conflitto di interessi in materia farmaceutica che va ben oltre i tanto stigmatizzati complotti della cosiddetta “Big Pharma”: il conflitto di interessi del direttore generale. Una normativa come quella congegnata dalla deliberazione in oggetto, cioè, trasforma (o meglio: ha il precipuo scopo di trasformare) ogni direttore generale, e a cascata i medici, in un soggetto portatore di interessi potenzialmente in conflitto con l’obiettivo del Servizio sanitario, cioè la tutela della salute dei cittadini italiani. Egli viene insomma posto strutturalmente davanti a un dilemma: difendere la propria posizione lavorativa o prescrivere un medicinale appropriato ma costoso. È una china pericolosa che rischia di snaturare il SSN.
Da una parte, il sistema normativo mostra particolare (e giusta) attenzione ai conflitti di interesse delle case farmaceutiche, anche nei loro rapporti con i singoli medici, ma, dall’altra parte configura volutamente un meccanismo di incentivi e di penalizzazioni tale da creare un automatico conflitto di interesse in capo al vertice della struttura sanitaria! Il risparmio, insomma, viene ricercato anche a (potenziale) scapito della salute dei pazienti: si vuole confermare l’attuale impalcatura del SSN, ma si cercano rimedi pericolosi alle sue storture. Si evita però accuratamente di effettuare una serena valutazione in merito all’inadeguatezza, in riferimento alla gestione razionale della spesa, dell’attuale sistema normativo e organizzativo, rifiutando ideologicamente a priori anche solo l’apertura di un dibattito su una possibile riorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale in senso più dinamico e aperto alla concorrenza.
IBL Focus – Risparmiando a ogni costo? di Silvio Boccalatte
Tar Piemonte, sez. I, 16 marzo 2017, n. 382 (Sentenza)
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"Piedmont denies me the treatment that would save my life": the appeal of a cancer patient
The side effects of the new regulation of prescriptions (Bruno Leoni Institute pdf)
The side effects of pharmaceutical policy
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