L’attuale modello di sviluppo di nuovi farmaci, basato su linee produttive in concorrenza e sulla difesa della proprietà intellettuale e dei brevetti, dev’essere sostituito da un modello a network che consenta la condivisione delle informazioni in modo più fluido e dinamico tra industrie, enti regolatori, università e pazienti. È questa la proposta di un gruppo di ricercatori di Genetic Alliance, un’associazione no profit statunitense per la difesa della salute pubblica.
Un miliardo di dollari di investimenti e 10-15 anni di tempo: è quanto occorre, in media, a ogni singolo farmaco per arrivare sul mercato nell’attuale sistema mondiale di sviluppo e commercializzazione. Ma a fronte di questo enorme impegno di risorse, spesso l’obiettivo di fornire ai pazienti cure adeguate non viene raggiunto. Bisogna quindi arrivare a un nuovo modello di sviluppo dei farmaci, che riesca a ottimizzare il processo di scoperta e sperimentazione di nuove molecole, coinvolgendo tutti i soggetti interessati – medici, ricercatori, enti regolatori e pazienti – in un network integrato che consenta un continuo interscambio di informazioni.
La proposta è di Kristin Baxter e colleghi della Genetic Alliance di Washington, un’associazione no profit statunitense che si occupa di difesa della salute pubblica, che la presentano in un commento apparso su “Science Translational Medicine”.
L’attuale sistema di sviluppo riflette la cultura in cui è nato e si è imposto: l’età industriale, caratterizzata da una scarsezza di materie prime e da una forte competizione in tutte le industrie. Ora il bene principale è l’informazione, e la sua abbondanza necessita un cambiamento dalla competizione a un modello di network open source, già dimostratosi efficace in altri settori dell’industria dell’informazione e in particolare nello sviluppo di software.
Il cammino che va dall’individuazione delle cause di una malattia e dei possibili obiettivi della terapia fino alla commercializzazione di un farmaco è certamente irto di ostacoli, in gran parte dovuti al complesso iter di sperimentazione pre-clinica e clinica, che fa sì che solo l’8 per cento delle molecole sviluppate dall’industria arrivi alla “Fase I”, la valutazione della sicurezza del principio attivo. Altrettanto lunghe e complicate sono le verifiche da parte delle agenzie regolatrici sull’efficacia e la sicurezza dei nuovi preparati.
Eppure, sottolineano Baxter e colleghi, un problema fondamentale è il modo in cui è strutturato il processo di sviluppo in sé. Molte delle criticità del sistema sono state individuate e documentate grazie al Forum on Drug Discovery, Development, and Translation organizzato dall’Institute of Medicine (IOM) of the National Academies degli Stati Uniti, un ente senza fini di lucro che ha come scopo l’attivazione di un confronto critico su tutte le politiche che coinvolgono la salute pubblica.
Partendo dal lavoro svolto