«Confusione nell’utente, disagio al prescrittore, nessun vantaggio all’ente pagatore (…) ma qual è il razionale che permette ad un farmacista di sostituire un farmaco in assenza di clausola di non sostituibilità?» Se lo chiede Angel Head, presidente Snami, scrivendo al ministero della Salute dopo aver colto una contraddizione in due circolari emanate in aprile a otto giorni di distanza l’una dall’altra. Le circolari dicono cose in apparenza opposte di fronte a un caso particolare, quello del medico di famiglia che prescrive al signor Rossi un medicinale a base di un principio attivo per il quale sul mercato sono presenti equivalenti dello stesso prezzo. Quando il medico non impedisce la sostituzione, e in farmacia manca un medicinale di prezzo più basso da suggerire, il farmacista deve attenersi all’indicazione del medico o può sostituire il medicinale?
There circolare 2658 del 15/4 rispondendo a una richiesta di Federanziani afferma che di fronte a un paziente “nuovo” rispetto a un trattamento per una cronicità o con nuovo episodio di acuzie nota, il medico può prescrivere per le leggi vigenti o il solo principio attivo o il principio attivo con il nome del medicinale specifico individuato. E se omette di scrivere, e motivare, che il farmaco non va sostituito, ma il farmacista che non ha in negozio equivalenti di prezzo più basso, quest’ultimo deve attenersi alla prescrizione (e il paziente paga la differenza rispetto al prezzo fissato a livello centrale); se invece tiene un equivalente di prezzo più basso, quello è tenuto a fornire. Il 23/4, con circolare 2852p lo stesso Ministero risponde a un quesito di Federfarma, che chiede cosa si debba fare se in negozio il farmacista ha un equivalente dello stesso prezzo del medicinale proposto da un medico di famiglia.
E risponde: «In assenza d’apposizione del medico della clausola di “non sostituibilità”, (il farmacista) ben potrà proporre un farmaco dal prezzo di rimborso pari a quello del farmaco prescritto (ferma restando la possibilità per il paziente di richiedere quest’ultimo)». Testa si augura che il ministero possa avallare solo la prima interpretazione ma in teoria si potrebbero accogliere entrambe, il farmacista se ha il farmaco di prezzo uguale a quello prescritto può proporre al paziente quel prodotto ma non è tenuto per legge a fornirglielo.
Tale interpretazione non piace al leader Snami. «Noi non vogliamo che parta una contrattazione paziente farmacista, il farmacista non si deve inserire nel contratto di cura dando al paziente qualcosa di diverso rispetto a quanto scritto dal curante. Anche perché le scatole cambiano di volta in volta, per esperienza vedo il paziente che si confonde e viene con tre esemplari di marca e colore diversi dello stesso antipertensivo che finisce per prendere 3 volte al giorno. Il farmacista deve rispettare il rapporto di cura o ci costringe a mettere sempre la dicitura “non sostituibile” che invece dovremmo scrivere in casi rari».
Mauro Miserendino – Mercoledì, 06 Maggio 2015 – Doctor33
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Generici, Snami: continua sostituzione “selvaggia” in farmacia e in ospedale
Messina (Federanziani): “Sì a generici ma con attenzione. Sono farmaci non caramelle”
Generici, l’indagine: cresce la fiducia. Farmacisti: ostacoli da medici e pazienti
A oggi i farmaci generici rappresentano poco più del 13% della spesa farmaceutica di Classe A, ma nei prossimi cinque anni il risparmio stimato potrebbe arrivare anche a oltre 1,1 miliardi di euro. E al momento, la fiducia dei pazienti sembra in miglioramento e un ruolo ancora forte ce l’hanno medici e farmacisti. Sono questi alcuni degli aspetti emersi dallo studio “Il sistema dei farmaci generici in Italia – Scenari per una crescita sostenibile” realizzato da Nomisma per AssoGenerici, che ha indagato «come funziona il sistema dei farmaci generici in Italia e quali possano essere gli elementi di base per uno sviluppo del comparto per la crescita del Paese» e «ha esplorato, attraverso tre distinte indagini dirette, le esperienze di medici, farmacisti e pazienti rispetto ai farmaci generici, indagando in particolare le motivazioni alla base dei comportamenti».
Uno dei risultati emersi è l’impatto in termini di «contenimento della spesa del Ssn» «malgrado finora il generico rappresenti soltanto il 30% circa delle vendite complessive di farmaci a brevetto scaduto», ma interessante è anche la percezione di medici, farmacisti e pazienti. Un primo dato che emerge riguarda il sistema: alla domanda “che importanza hanno i seguenti fattori nell’ostacolare la diffusione dei farmaci generici? (1=nessuna importanza; 5= massima importanza)” dai medici di medicina generale al primo posto viene indicato, con un valore di 4, l’«eccessivo numero di aziende produttrici per lo stesso principio attivo»; seguito da «informazioni insufficienti sull’affidabilità delle aziende produttrici di farmaci generici e dei loro farmaci» (3,5) e da «diffidenza del paziente» (3,4). Alla stessa domanda i farmacisti hanno messo al primo posto la «diffidenza da parte del medico prescrivente» e «da parte del paziente», entrambi con un valore di 4,1, mentre l’«eccessivo numero di aziende produttrici per lo stesso principio attivo» ottiene un valore di 3,3.
Più importante è la «diffusione pubblica di informazioni inesatte approssimative» (3,6) a pari merito con «informazioni insufficienti sull’affidabilità delle aziende produttrici». Ma secondo la maggioranza di questi professionisti i pazienti stanno cambiando atteggiamento verso una maggiore fiducia: un dato che è riscontrato dal 70% dei farmacisti e dal 53% dei medici. In generale, alla domanda “quando la prescrizione non riporta la dicitura non sostituibile, con quale frequenza il paziente accetta il farmaco generico che lei propone?” i farmacisti rilevano un dato elevato: la somma delle risposte quasi sempre + circa la metà delle volte è pari al 76,4% per la Classe A e al 64,0% per la classe C.
Sul fronte dei cittadini, l’indagine ha messo in luce che «nel descrivere il proprio rapporto con i farmaci generici, i pazienti dichiarano di conoscere cosa sono (il 95% dei consumatori afferma di conoscere i farmaci generici) e di usarli (il 71% li usa). Tra questi ultimi, il 52% dichiara che tutti o la maggior parte dei farmaci che utilizza sono generici». Inoltre, «tra il 29% di coloro che hanno dichiarato di non usare generici, il 47% afferma di non fidarsi di questi farmaci mentre il 15% di averli provati una volta e trovati inefficaci». Ma anche sul fronte pazienti emerge uno scenario in evoluzione, che varia per classe di età.
TOlla domanda “Per quale motivo ha scelto di usare il farmaco generico?” ad aver indicato il medico come prima fonte di informazione è soprattutto la fascia di età oltre i 61 anni (38%), mentre il punto di riferimento è il farmacista per il 43% del campione di fascia tra i 41 e 60 anni e del 39% tra i 18 e i 40, fascia in cui è più alta la scelta in autonomia, che arriva al 27% delle indicazioni, contro il 19% degli over 61, mentre il consiglio familiare sembra avere un basso peso in tutte le fasce di età.
Sull’impatto sanitario del generico si è soffermato il presidente di AssoGenerici Enrique Häusermann: «Mi sembra evidente dallo studio che se il farmaco generico ha rappresentato per la sanità italiana un’ancora di salvezza, lo ha fatto pur non esprimendo appieno tutto il suo potenziale. Di questo dovrebbe tenere conto il decisore politico alla ricerca di ulteriori risparmi, anziché ipotizzare soluzioni draconiane di breve incidenza sui bilanci ma molto rischiose per il comparto farmaceutico». «Siamo soddisfatti dei risultati dello studio anche perché confermano che quanto abbiamo sostenuto in questi anni la necessità di rivedere i meccanismi di pay-back, di eliminare il patent linkage come impone l’Europa e di promuovere il ricorso a farmaci equivalenti e biosimilari».
Frances Giani
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