I farmaci sostituivi non possono essere considerati realmente né equivalenti né biosimilari perché “non sono strutturalmente simili”
È possibile la sostituibilità automatica tra farmaci nella cura della sclerosi multipla? Se ne è discusso a Napoli, nel corso del simposio “Sostituibilità e continuità terapeutica: basi biologiche e metodologiche dei criteri di intercambiabilità”, nell’ambito del congresso della Società Italiana di Neurologi, promosso da Teva.
Un dibattito sui farmaci impiegati nella terapia per la sclerosi multipla, ha visto confrontarsi farmacologi, clinici, medici neurologici, comparare i farmaci abitualmente utilizzati nella terapia per la sclerosi multipla con quelli definiti generici o equivalenti.
Dall’incontro è emerso che, nel caso specifico, i farmaci sostituivi non possono essere considerati realmente né equivalenti né biosimilari perché “non sono strutturalmente simili”. Ad ora non esistono studi con risultati soddisfacenti in base ai quali questi farmaci hanno gli stessi effetti e la stessa efficacia, sui pazienti.
Sostituibilità del farmaco: il farmacista deve prestare attenzione
“Lo studio clinico è fondamentale nella registrazione di un farmaco”. Lo ha detto Ferdinando Nicoletti, professore di Farmacologia de La Sapienza di Roma, affrontando il tema della intercambiabilità sei farmaci nella cura della sclerosi multipla, nel corso dell’incontro, promosso da Teva a Napoli, dal titolo “Sostituibilità e continuità terapeutica: basi biologiche e metodologiche dei criteri di intercambiabilità“. “Parliamo di un farmaco, entrato in commercio in Italia – ha affermato – di cui è stata data la sostituibilità nei confronti di un farmaco brand arcinoto nel trattamento della sclerosi multipla e che viene considerarlo equivalente o generico”.
“Però questa definizione non è appropriata – ha sottolineato – affinché un farmaco sia generico la molecola deve essere identica, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, può variare ma di poco la bioequivalenza, la quantità del farmaco, che deve essere contenuta all’interno del 20%”. “Nel caso del farmaco in questione non si può parlare di farmaco generico – ha spiegato – perché tutti i farmaci che tentano di riprodurre la composizione non sono strutturalmente identici al Copaxone, il farmaco brand”. “Quando due farmaci vengono ritenuti, tra virgolette, simili o identici – ha proseguito – possono essere sostituiti vicendevolmente. Per esempio se sono in trattamento con il Copaxone posso ricevere uno di questi farmaci ritenuti, forse in maniera non esattamente corretta, generici, e viceversa”. “Il neurologo prescrive il farmaco brand, poi il farmacista si ritrova un altro medicinale, che lui ritiene equivalente ma che, in fondo, equivalente non è – ha detto ancora – E quindi li sostituisce”. “L’interscambiabilità e la sostituibilità automatica tra due farmaci – ha concluso – potrebbero generare qualche problema”
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