Quotidiano Sanità ha incontrato il presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi per un confronto a tutto campo sui problemi ma anche sulle prospettive dell’industria farmaceutica italiana. In agenda, al primo punto, resta comunque la manovra che peserà circa 1 miliardo sulle casse industriali. “Vogliamo discutere come attuarla e presenteremo proposte alternative entro l’anno”.
29 SET – Un incontro aperto a 360 gradi quello promosso da Farmindustria con la stampa di settore cui ha partecipato anche Quotidiano Sanità. Ecco, punto per punto, le idee e le proposte del neo presidente Massimo Scaccabarozzi.
Manovra e crisi. “Sono dieci anni che ci vengono chiesti sacrifici, sembra esserci un pregiudizio ideologico nei nostri confronti”
Negli ultimi due mesi sono cambiate molte cose. Ultimamente mi dicono che sono un presidente fortunato perché la farmaceutica non è stata toccata dalla manovra, ma mi viene da sorridere perché sembra già che si siano dimenticati che in luglio c’è stata una manovra che ha toccato pesantemente, ancora una volta, il comparto. E sono 10 anni che accade, sembra quasi che nei nostri confronti ci sia qualcosa di ideologico. Produciamo scienza e salute, facciamo profitto e di questo non ce ne siamo mai vergognati purché sia un profitto equo che sia reinvestito per produrre innovazione e ricerca e del resto, se non la facciamo noi chi fa la ricerca? Certo è che poi bisogna vedere dove si fa profitto e ciò si verifica nei paesi emergenti anche perché in Italia abbiamo la spesa farmaceutica più bassa d’Europa e i margini sono pochi. La politica ci ha detto che abbiamo fatto bene a fidarci ma ricordo che la fiducia non è a tempo indeterminato. Anche con il miliardo che ci è stato chiesto nella manovra di luglio abbiamo giocato molto sul nostro senso di responsabilità. Siamo ben consci dello stato in cui versa l’economia del Paese ma ancora una volta siamo chiamati a ripianare qualcosa che non è da ripianare perché è fuori discussione che il tetto dell’ospedaliera sia qualcosa di nominale, lo ha definito così il ministro, perché quando fu definito il 2,4, la spesa era già ampiamente oltre 3,8 e oggi non si può dire che c’è uno sforamento solo perché c’è un tetto basso. Ci piacerebbe contribuire in modo diverso, le imprese sarebbero disponibili a contribuire con la stessa cifra ma avendo la possibilità d’investire quelle risorse nella crescita e non a ripianare buchi e tagli. Perché oggi noi diamo un miliardo ma non sappiamo dove finirà.