Ospedali L’inchiesta sui privati
«Accredito dei posti letto? Il dg disse di seguire Tomassini»
Il meccanismo di corruzione è sempre lo stesso. Il nuovo ciclone che si è abbattuto ieri sulla sanità del Pirellone ruota ancora intorno alla figura dei lobbisti: per sbloccare l’arrivo di soldi pubblici, una struttura ospedaliera deve pagare qualcuno che le apra le porte della Regione.
Sembra il film già visto durante lo scandalo del San Raffaele e quello della Fondazione Maugeri. Ma stavolta al centro dell’ultima inchiesta giudiziaria c’è la casa di cura «La Quiete» di Varese e l’accusa di intermediario cade sul senatore Antonio Tomassini, indagato per corruzione insieme con il supermanager dell’assessorato alla Sanità, Carlo Lucchina.
Come gira il fumo, lo raccontano gli imprenditori Sandro e Antonello Polita, proprietari della clinica tra il 2007 e il 2011: «Il dott. Carlo Lucchina (direttore generale dell’assessorato alla Sanità, ndr) ci disse che gli accrediti sui posti letto erano bloccati, ma "che tra le pieghe della legge qualcosa si sarebbe potuto trovare". Lucchina precisò inoltre "voi seguite il senatore Tomassini (Antonio, ndr), al resto ci penso io"».
La ricostruzione emerge dalla confessione-sfogo dei fratelli Polita raccolta dal pm Alfredo Robledo tra giugno e settembre 2012, poi inviata per competenza alla Procura di Varese. Sono tutte accuse che dovranno essere confermate dalle indagini della magistratura. Ma fin d’ora le somiglianze con il San Raffaele e la Maugeri sono incredibili.
In entrambi i casi il faccendiere – secondo gli atti dall’inchiesta milanese – era Piero Daccò, in affari con Antonio Simone, tutti e due amici di lunga data del governatore Roberto Formigoni. Il ruolo di Daccò di «apriporte» in Regione era fondamentale per ottenere fiumi di denaro.
Così il presunto scambio di soldi pubblici e favori privati (vacanze gratis e benefit milionari, come cene e yacht) fu alla base dell’iscrizione nel registro degli indagati di Formigoni per corruzione.