Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, si oppone all’emendamento delle Regioni che sanziona i medici Ssn che non prescrivono esami diagnostici in modo appropriato. A margine di un convegno, riferendosi, all’intesa sui tagli alla sanità, su cui le regioni avevano anticipato l’ok del governo, ha affermato di opporsi all’introduzione della responsabilità patrimoniale del prescrittore e delle relative sanzioni. In attesa che giovedì si chiarisca da che parte sta il governo, i sindacati di medici convenzionati e dipendenti Fimmg, Cimo, Anaao, Fimp e Sumai, confermano la conferenza stampa convocata a Roma per illustrare i danni della norma alla tutela del diritto alla salute.
Per il presidente Cimo Riccardo Cassi c’è differenza tra il richiamo all’appropriatezza del contratto dipendenza 2008 (l’articolo 4 toglie l’indennità di struttura a chi mal gestisce le risorse finanziarie) e le nuove norme. «Per quanto i contratti ci responsabilizzino, non si è mai parlato di vincoli prescrittivi sugli esami diagnostici, ma semmai sulle medicine con le note Aifa: chi non le rispetta paga il costo del farmaco. In tema di prescrizioni di esami c’è piuttosto una sentenza di Cassazione che condanna un medico (la 35922/2012 ndr) e afferma che le linee guida contengono valide indicazioni generali riferibili al caso astratto, ma il medico è sempre tenuto ad esercitare le proprie scelte considerando le peculiarità del caso concreto, nel rispetto della volontà del paziente».
Peraltro, lungi dall’essere rispettati, per Cassi i contratti sono violati dall’intesa. «Ventilando punizioni sulla retribuzione accessoria, si tolgono per legge emolumenti fissati dal contratto vigente. Un ospedale inoltre se vuole ha i mezzi per scoprire se un medico prescrive troppi esami: ma deve avviare un’indagine, provare le cose. Con le nuove regole invece la procedura repressiva potrebbe esser resa più automatica». Come presidente dell’Alleanza per la Professione Medica (con Fimmg-Fimp-Sumai) Cassi allinea le norme sulla responsabilità patrimoniale al comma 566 che dà potere agli infermieri su materie di pertinenza medica. «Noi diciamo no a tutte le norme che, come comma 566 e responsabilità patrimoniale, rendono le nostre competenze diverse o inferiori rispetto a quelle dei colleghi del resto d’Europa. Non siamo contrari a una crescita delle competenze dei professionisti sanitari ma non vogliamo ci venga tolto il controllo sul percorso diagnostico terapeutico di cui siamo responsabili».
THEl segretario Anaao Assomed Constantine Troise, plaude al no di Lorenzin all’intesa. «Premetto, nel documento si parla di fatto di protocolli diagnostici calati dall’alto e non di linee guida condivise in cui sarebbe tollerato nella prescrizione di accertamenti uno scostamento tra il caso specifico del paziente e la situazione “media” descritta dalle statistiche. La cosa più semplice che possa accadere, con protocolli assillanti in ospedale, è che i pazienti siano girati al medico di famiglia. Do atto al ministero della salute di star tenendo la barra a dritta: dicendo no a questa parte dell’intesa tiene in vita ciò che resta del Patto salute, che non è l’entità del finanziamento del Fondo sanitario nazionale, né la parte sull’innovazione, ormai saltati. Purtroppo lo smantellamento del Ssn, definanziato per il 6° anno consecutivo è in corso, e questioni simili anziché attirare l’attenzione sulle sorti della sanità pubblica (come invece avviene in Francia e Gran Bretagna, dove le campagne elettorali si giocano sui servizi), sembrano distoglierla.
Si fa della responsabilizzazione del medico l’obiettivo primo, e si dimenticano le sacche di spreco, come le indennità accessorie di svariate decine di migliaia di euro percepite dai consiglieri regionali. I ministeri sono stati responsabilizzati di fronte ai propri sprechi, le regioni no. Forse il Governo dovrebbe intervenire».
Mauro Miserendino – Martedì, 21 Aprile 2015
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