«Cari farmacisti, così non va. Stop alla rappresaglia»
È UN BRACCIO di ferro. L’altro giorno i farmacisti hanno minacciato di far pagare, dal 19, tutte le medicine. Una protesta contro il decreto Bersani che prevede la vendita in supermercati e parafarmacie dei prodotti con ricetta della fascia C. Ieri è scesa in campo Livia Turco con una lettera aperta. Chiaro l’esordio: «Cari farmacisti, questa volta non sono con voi». Poi il ministro assicura di «capire il dissenso», ma di ritenere «inaccettabile, oltre che sbagliata, la forma di protesta che avete annunciato. Far pagare al cittadino le medicine erogate dal Servizio sanitario nazionale per rappresaglia contro un emendamento, non presentato dal Governo, e ancora all’esame del Parlamento, ha tutte le caratteristiche di una mera rivolta di stampo corporativo, non condivisibile tanto più se proveniente da professionisti impegnati nella tutela della salute dei cittadini». Le farmacie – precisa la Turco – sono presidi sanitari tenuti a garantire un servizio pubblico. E per questo «la minaccia di interrompere tale servizio perché non si condivide un’ipotesi di legge ancora in discussione è inaccettabile».INFINE, l’invito al dialog «Il ritiro della minaccia di sospendere l’erogazione gratuita dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale, che se attuata si tradurrebbe in una vera e propria serrata, è per me condizione indispensabile per riprendere il dialogo e il confronto e per continuare a operare, in sintonia con il ministro Bersani, per soluzioni che garantiscano e valorizzino il ruolo e le prerogative delle farmacie italiane».
«CRITICARE il Governo facendo pagare ai cittadini il costo di questo non è la strada giusta per favorire il dialogo», si è osservato ieri a Palazzo Chigi. Quindi il premier Romano Prodi concorda con la Turco. Ma il senatore Cesare Cursi, vicepresidente della Commissione sanità, ribadisce il no alla vendita fuori delle farmacie per i medicinali di fascia C e si augura «che il Governo mantenga gli impegni presi a settembre sul ddl Bersani». E che anche chi, invece di una lettera, ha scritto un esposto per la procura. È il Codacons: alla magistratura chiede di «accertare se esistono profili penalmente rilevanti» e al Governo di «non cedere alle pressioni e, anzi, di sospendere le licenze ai farmacisti ‘ribelli’». Anche Adiconsum, Cittadinanzattiva, Movimento Consumatori, Movimento Difesa del Cittadino e Unione Nazionale Consumatori sono pronti a far scattare le denunce. Intanto Paolo Spolaore, segretario nazionale Anpi (Associazione parafarmacie italiane) chiede ai ministri Bersani e Turco «di non cedere ai ricatti di questa prepotente lobby».MA A QUANTO ammonterebbe la spesa per le famiglie italiane se andasse in porto la protesta dei farmacisti? A 36 milioni di euro al giorno, secondo i dati elaborati dal centro studi di Feranziani. «Dato che la popolazione con più di 65 anni assorbe il 56% della spesa e il 61% delle dosi – scrive la Federazione – si può dedurre che gli anziani pagheranno di tasca propria il conto della diatriba fra Federfarma e il governo Prodi con ben 20.620.273 di euro». Di DONATELLA BARBETTA La Nazione del 10/11/2007 ed. NAZIONALE p. 17