Ridurre artificiosamente i prezzi delle medicine riduce anche l’innovazione. Questione di salute. Pubblicamente si usa l’appellativo con accezione dispregiativa «Big Pharma» ed è accusata delle peggiori nefandezze, ma che nel privato si è disposti a qualunque sacrificio pur di potersi comprare il farmaco di ultima generazione
Il Sole 24 Ore, domenica 5 luglio
Nei paesi occidentali la spesa per l’acquisto di farmaci è circa il 20% del totale delle spese sanitarie. Parliamo di circa 26 miliardi di euro spesi ogni anno in Italia, e che alimentano un’industria, quella farmaceutica, verso cui le nostre società, che stanno meglio e vivono più a lungo, intrattengono un rapporto ambivalente. Lo dimostra che pubblicamente si usi l’appellativo con accezione dispregiativa «Big Pharma» e quell’industria sia accusata delle peggiori nefandezze, ma che nel privato si sia disposti a qualunque sacrificio pur di potersi comprare il farmaco di ultima generazione, che si crede possa migliorarci la salute o ritardare la morte. I risvolti economici, politici, etici e psicologici della produzione e del consumo
Di sbagli grossolani l’industria farmaceutica ne fa e non pochi – soprattutto non sa proprio comunicare e far capire quale valore culturale incarna, ed è davvero troppo genuflessa al cospetto dei ricatti politici che da sempre in questo paese la strangolano – ma si tratta di un patrimonio intellettuale ed economico che il mondo occidentale dovrebbe tenersi da conto e valorizzare, invece che bistrattare.
La Fondazione Zoé ha promosso il mese scorso per il secondo anno nell’elegante spazio della Health and Quality Factory un incontro e confronto sul valore dell’innovazione in campo farmaceutico. Per l’occasione è stato commissionato uno studio ad A.T. Kearny dal quale risulta che le attività di produzione farmaceutica generano circa 2,8 miliardi di euro di Pil, ossia il 31% del totale del settore, il 34% circa della sua occupazione, nonché 1,2 miliardi di euro di investimenti e 20,7 miliardi di export. Le esportazioni del settore valgono da sole quanto l’insieme degli altri ambiti ad alta tecnologia e sono cresciute fra il 2009 e il 2013 a un tasso annuo del 12,3%, arrivando a rappresentare il 4,4% delle esportazioni totali del Paese.
Del resto, innovare avvantaggia tutti. Da oltre un decennio Frank Lichtenberg studia l’impatto dell’innovazione sulla longevità, e nel 2003 aveva dimostrato che tra i11982 e il 2000 le nuove entità chimiche introdotte sul mercato avevano contribuito per il 40% all’aumento della longevità, cioè ad allungare la vita di 0,8 anni sul totale di due anni. Negli ultimi anni l’economista della Columbia University si è concentrato sugli antitumorali e ha scoperto che le innovazioni farmaceutiche introdotte nel periodo tra il 1985 e il 1996 in Canada, hanno abbattuto di oltre 100mila anni la vita potenzialmente persa a causa del cancro prima dei 75 anni.
Dopo un lungo periodo di stasi e malgrado l’aumento dei costi di sviluppo dei farmaci, che si stima abbia superato i 2miliardi di dollari, sono in cantiere diverse migliaia di novità, in buona parte per cure personalizzate e molte che potrebbero avere significativi impatti per la cura di gravi malattie come cancro, diabete, arteriosclerosi, etc. Alcune di queste novità avranno costi importanti, pari o anche superiori al farmaco contro l’epatite C, di cui si è discusso accesamente negli ultimi mesi. Sarà una sfida ardua fare in modo che i vantaggi per la salute che deriveranno dai nuovi farmaci siano il più largamente accessibili, consentendo allo stesso tempo che continui a esservi interesse concreto a investire nell’innovazione da parte dell’industria.
Le strategie che saranno decise per regolare lo sviluppo e la commercializzazione, inclusa la contrattazione dei prezzi, potranno tener conto di diverse variabili e risultati, ma dovrebbero in ogni caso guardarsi dal penalizzare l’innovazione. Perché la conseguenza di imporre prezzi troppo bassi è provato che non solo disincentiva l’innovazione per cui riduce l’impatto positivo della ricerca farmaceutica applicata e industriale sulla longevità e la salute, ma determina anche minore varietà di farmaci efficaci a disposizione all’interno di un paese, cioè causa differenziale negativo di guadagno sul piano della salute in generale per i cittadini i cui governi pensano di aiutarli decidendo prezzi politici.
Gilberto Corbellini – 13-07-2015 – IL FOGLIO
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