Novo Nordisk: licenziamenti collettivi mascherati da dimissioni volontarie
Come anticipato nella partecipatissima assemblea del giorno 21 ottobre u.s., le Segreterie Territoriali e Regionali, unitamente alle RSU, hanno richiesto alla Direzione Aziendale di bloccare i colloqui individuali con il personale che avessero come unico obiettivo la richiesta forzata di dimissioni.
A seguito dell’assemblea abbiamo richiesto un ulteriore e urgente incontro alla Direzione Aziendale e alla Unione Industriali di Roma e Lazio, al fine di ristabilire corrette Relazioni Sindacali e il rispetto del Protocollo di Relazioni Industriali sottoscritto il 18 dicembre 2019.
Dobbiamo purtroppo registrare che nonostante le OO.SS. avessero chiesto di interrompere i colloqui individuali, che hanno lo scopo di ottenere dimissioni volontarie, questi sono continuati senza alcun rispetto verso le fragilità e a quanto richiesto dalle OO.SS.
A distanza di una settimana, solo nel tardo pomeriggio di ieri ci è venuta una proposta di date per un incontro.
In questo grave e pesante contesto le Segreterie Territoriali e Regionali denunciano quanto segue:
– che Novo Nordisk vuole mascherare decine di licenziamenti con dimissioni volontarie che non prevederanno pertanto alcun ammortizzatore sociale ( Naspi);
– che tutto ciò avviene proprie del comparto chimico/farmaceutico e alla lunga tradizione della condivisione dei percorsi e della mediazione, degli accordi sottoscritti con la D.A. di Novo Nordisk, del nostro CCNL;
– che queste “dimissioni volontarie” altro non sono che licenziamenti collettivi, non giustificati da nessuna crisi aziendale. Quanto è tanto più grave perché l’Azienda se da un lato spinge per le dimissioni, dall’altro sta facendo decine di nuove assunzioni;
– che i colloqui sopra citati si stanno svolgendo con modalità che riteniamo non siano rispettose della dignità personale e professionale dei colleghi che vengono contattati;
– che l’azienda è responsabile di un clima di grande insicurezza in un momento in cui stanno avvenendo lanci di nuovi farmaci;
– che l’atteggiamento della Direzione Aziendale è in netto contrasto con la policy “Novo Nordisk Way” dove etica, onestà, attenzione verso i pazienti e il benessere dei propri dipendenti sono le linee guida dell’azienda danese.
Pertanto, le Segreterie Territoriali e Regionali si attiveranno per dare la massima informazione sul grave comportamento che Novo Nordisk sta mettendo in atto e si riservano di indire tutte le possibili iniziative sindacali, in coerenza con il Ccnl e leggi vigenti.
Roma, 29 ottobre 2021
SEGRETERIE TERRITORIALI E REGIONALI
FILCTEM CGIL FEMCA CISL UILTEC UIL
L. Attimonelli A. Paletta C. Sergianni
Nota: comunicato diffuso da Agenzie di Stampa
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Note:
Dimissioni indotte dal datore di lavoro: sono valide?
Le dimissioni devono dipendere dalla volontà spontanea del dipendente che ha valutato attentamente la situazione e ha ritenuto non più conveniente la prosecuzione del rapporto di lavoro (a prescindere dalle ragioni che hanno portato a tale conclusione: siano esse dipendenti dalla situazione di crisi aziendale o da proprie valutazioni personali).
L’azienda non può costringere il dipendente a dimettersi, né con le buone, né con le cattive. Può tutt’al più incentivare tale atto con appositi benefici economici, ma se il dipendente non accetta, tutto ciò che può fare l’imprenditore è valutare se sussistono ragioni organizzative o produttive che consentano di disfarsi del dipendente (è il cosiddetto “licenziamento per giustificato motivo oggettivo”). Leggi sul punto Dimissioni incentivate: se il datore mi chiede di licenziarmi.
Quando la volontà del dipendente è viziata da una condotta violenta altrui, essa può essere impugnata e quindi annullata (ciò quindi a prescindere dal diritto di ripensamento). Così, il dipendente messo alle strette, costretto cioè a dimettersi sotto minaccia del datore di lavoro, può impugnare il proprio stesso atto e farlo annullare. Dovrà però dimostrare la violenza subita.
Ma non è tutto. Egli può anche denunciare il datore di lavoro. Qui sta il chiarimento offerto di recente dalla Cassazione (Cass. sent. n. 7225/19 del 15.02.2019) obbligare il dipendente a dimettersi, sottoponendolo al ricatto di una vita altrimenti difficoltosa, integra il reato di minaccia.
Sempre la Cassazione (Cass. sent. n. 7304/19 del 18.02.2019) ha ritenuto che commette il reato di estorsione il datore che, sotto minaccia di licenziamento, costringa il dipendente ad accettare una paga più bassa (facendosi restituire una parte dello stipendio in contanti).
Il dipendente che accetta di dimettersi deve metterlo per iscritto. Il rapporto di lavoro si scioglie in questo stesso istante.
L’atto di adesione generalmente contiene anche l’esplicita rinuncia del dipendente all’impugnazione del recesso ed a qualunque pretesa comunque connessa al rapporto di lavoro.
Fonte: La legge per tutti