Imprenditori e sindacati: non applicabile altrove la scelta dell’azienda farmaceutica di Origgio. «Quei lavoratori erano già dentro l’azienda»
Lunedì 30 marzo 2015 – La Provincia
Quello della Novartis di Origgio è «un caso unico», non certo una modalità operativa applicabile ad altre realtà, se non in casi strettamente analoghi a questo.
TO dirlo è il segretario Cisl dei Laghi, Gerardo Larghi, che, entrando nel merito della notizia dell’assunzione di 35 dipendenti facenti parte del gruppo farmaceutico varesino nell’azienda madre con il Jobs Act depurato delle cosiddette “tutele crescenti”, tende a ridurre al lumicino l’eventualità che una simile concessione possa essere replicata altrove.
«Quei lavoratori – spiega – erano già interni all’azienda e i sindacati hanno trovato questa soluzione a fronte di un dubbio legale. All’interno della ristrutturazione, in sostanza, i lavoratori passano da un’azienda a un’altra del medesimo gruppo. Siccome si tratta del primo caso, per non rischiare interpretazioni difformi, si è perseguita questa strada. Non si tratta di licenziamento o riassunzione, né di cessione di ramo di azienda, ma di una riorganizzazione di un gruppo esistente».
Non è un precedente
Differentemente dalla lettura data dal segretario generale della Filctem Cgil di Varese, Ermanno Donghi, per Larghi sarà difficile che quello della Novartis possa rappresentare un precedente da seguire in altre circostanze. A pensarla così è anche il sindacalista Gioacchino Favara (Uilta Como): «L’inserimento delle tutele dell’articolo 18 – commenta Favara – non avrebbe senso se affiancato a una normativa, quella del Jobs Act, che nei fatti ha previsto un meccanismo del tutto differente».
Presidente di Confartigianato Como, e anche vicepresidente della camera di commercio, Marco Galimberti tende a fare gli opportuni distinguo: «Per prima cosa – afferma – bisogna capire quali siano state le motivazioni di questa scelta. Capita spesso che le aziende introducano benefit a favore dei loro dipendenti. In questo caso è possibile si sia fatta una scelta dettata da questo pensiero. Tra gli artigiani e nelle piccole imprese l’articolo 18 non è il problema: il problema, semmai, è trovare persone abili e motivate. Questo perché se abbiamo persone serie tra i nostri collaboratori abbiamo tutto l’interesse a tenerli da noi».
Costo del lavoro
Così anche il pensiero di Enrico Benati (Cna Como): «Il valore aggiunto del cosiddetto Jobs Act – afferma – non sta solo nel superamento dell’articolo 18, quanto piuttosto nella riduzione del costo del lavoro, primo scoglio da affrontare per chiunque voglia far ricerca e innovazione. Quando un’azienda ha personale valido e lavoro è tutto suo interesse trattenerlo a sé. Non penso, però, che sia logico affidare alla contrattazione di secondo livello il superamento delle cosiddette tutele crescenti»
alberto gaffuri