Nell’Ausl di Bologna ci può essere spazio per l‘Informazione Scientifica? Finalmente arriva la fase 3 in Emilia Romagna e pertanto, dal 15 giugno; si può andare al cinema, alle sagre e alle fiere e, dal 19, si potrà persino ballare all’aperto e frequentare sale bingo e slot, rispettando rigorosamente le norme di sicurezza previste. Per questi motivi siamo sconcertati dalla decisione dei Direttori Sanitari di Bologna e delle strutture ospedaliere dello stesso territorio di impedire completamente l’attività di una intera categoria di lavoratori : gli Informatori Scientifici del Farmaco.
Questa scelta è incomprensibile perché generalizzata e omnicomprensiva di tutte le strutture ambulatoriali e ospedaliere di sua pertinenza, senza nessuna valutazione di merito sulle reali ristrettezze ambientali che potrebbero, in qualche caso, giustificare scelte più restrittive. Limitazioni così drastiche non sono state previste, ci dicono I colleghi di altre province, neanche in realtà molto più tribolate delle nostre come Brescia e Bergamo, né tantomeno il vicino Veneto dove, addirittura, gli ISF possono accedere in qualità di operatori sanitari, in deroga alle limitazioni previste per parenti e accompagnatori.
Non ci risulta, né ci auguriamo, che Bologna possa avere indici epidemiologici o carenze strutturali tali da giustificare tali scelte, anzi molte strutture sono di nuova costruzione ed altre ristrutturate di recente e noi ISF sia come lavoratori che come contribuenti ci troviamo impossibilitati a svolgere la nostra professione che trova riferimento nelle leggi nazionali ed ampiamente regolamentata anche dalla Conferenza Stato Regioni e province Autonome.
Siamo convinti che tali atteggiamenti trovino una spiegazione nella pregiudizievole non conoscenza della funzione reale dell’informatore scientifico. Professione che viene quasi sempre confusa con altre appunto da chi non sa. L’ISF come dovrebbe essere noto deve dipendere da un Servizio Scientifico aziendale indipendente dal marketing o dalle vendite. “Eliminare” l’ISF significa proprio lasciare spazio al marketing e soprattutto al telemarketing di almeno 200 aziende farmaceutiche più altrettante di integratori e una cinquantina di farmaci generici per non parlare di dispositivi o altro. Televenditori pronti a tutto per guadagnarsi la provvigione. Stranamente una comunione di intenti proprio con l’industria farmaceutica che deve tenersi gli ISF per le leggi vigenti e che non vede l’ora di disfarsene. Invece di adoperarsi per far rispettare le leggi (l’attività dell’ISF è regolamentata dal D.Lgs. 219/06) si preferisce “eliminare” l’ISF aggravando a dismisura il problema che paventano. Un po’ come eliminare le banche per evitare le rapine in banca.
E a proposito di rapine, è da notare che nessun ISF è stato coinvolti in fenomeni corruttivi avvenuti in Emilia-Romagna. A Parma nel “caso Pasimafi” il Prof. Fanelli non riceveva gli ISF, proprio come vorrebbero questi “puristi”, a Modena nel caso dell’oncologia si è parlato a sproposito di ISF perché in realtà non erano ISF. Che poi gli ISF siano induttori di spesa è un altro diffuso pregiudizio smentito dai fatti: negli ultimi dodici anni il numero di ISF in Italia si è dimezzato, nello stesso periodo le aziende farmaceutiche hanno sempre aumentato i fatturati, i dati Os.Med. dell’AIFA certificano che sempre nello stesso periodo sono aumentati sia il numero di ricette sia la spesa farmaceutica.
Noi con spirito di collaborazione chiediamo e offriamo disponibilità a realizzare, in comunione di intenti, una valutazione puntuale, struttura per struttura (abbiamo la mappatura di tutte le strutture), al fine di rilevare le reali situazioni di ristrettezza ambientale e le oggettive esigenze organizzative del personale medico, che devono essere salvaguardate prioritariamente. Siamo altresì convinti che il nostro senso di responsabilità e la nostra specifica preparazione in ambito sanitario ci permetteranno di rispettare rigorosamente tutte le norme di comportamento e le prescrizioni di sicurezza che le autorità sanitarie vorranno introdurre, tra cui, ad esempio, il ricevimento in presenza degli ISF esclusivamente per appuntamento e in luoghi/orari differenziati rispetto a quelli dei pazienti come del resto avviene ormai da tempo . Confidenti che una soluzione ragionevole per tutti si possa trovare ma anche assolutamente determinati a difendere le nostre prerogative professionali, riconosciute dalla legge, e i nostri posti di lavoro, messi così inopinatamente in pericolo. Contiamo in un percorso serio e concertato per risolvere questa situazione.