La multinazionale danese Lundbeck sceglie la piattaforma “People” di HRCOFFEE per accrescere il senso di appartenenza dei dipendenti.
Il contesto lavorativo, economico e umano nel quale ci troviamo, specie a seguito della pandemia, ha imposto alle aziende di ripensare da zero i propri modelli di business, concentrandosi verso una maggiore tutela del capitale umano, dei valori imprenditoriali e degli obiettivi nei confronti della società.
Si fa portavoce di questo pensiero anche Lundbeck Italia, azienda farmaceutica danese specializzata nella cura dei disturbi del sistema nervoso, con sede a Milano. La multinazionale, per coinvolgere maggiormente i dipendenti relativamente al bilancio delle proprie competenze e per accrescere il loro senso di appartenenza all’azienda, ha deciso di adottare la piattaforma Lundbeck People, appositamente ideata e personalizzata da HRCOFFEE, la startup pugliese che si occupa di consulenza strategica in ambito Risorse Umane.
A partire da dicembre 2021 le risorse della sede italiana di Lundbeck hanno a disposizione la piattaforma e l’app Lundbeck People sviluppata su due principali linee di azione: il supporto per il bilancio delle competenze and the comunicazione interna.
Lundbeck People come tool tecnico di supporto alla funzione HR consente, infatti, in modo molto intuitivo, di eseguire l’assessment delle competenze agli Informatori Scientifici. In che modo? Ogni collaboratore, accedendo all’app da cellulare o Ipad, trova la descrizione delle principali competenze, il valore atteso dall’organizzazione (da 0 a 5) e quello realmente posseduto, che viene indicato in primis con una self evaluation e formalizzato successivamente da un colloquio con il proprio manager. La valutazione finale, rappresentata anche con un grafico, in modo visivo e intuitivo mette in evidenza eventuali gap al fine di progettare un piano di sviluppo individuale maggiormente focalizzato.
Invece, come spazio web di comunicazione interna, la piattaforma offre una bacheca virtuale utilizzata sia dall’azienda per mandare comunicazioni ai collaboratori sia dai dipendenti stessi per interagire con i propri colleghi. Infatti, in ottica di People Caring, Lundbeck People ha digitalizzato e automatizzato l’invio degli auguri di compleanno ai propri dipendenti attraverso un messaggio e una grafica anch’essi personalizzati, ricordando che è previsto un giorno di ferie aggiuntivo per festeggiare la giornata. Non solo: Lundbeck celebra anche gli anniversari lavorativi con messaggi in linea e coerenti ai valori aziendali, gli auguri per le nascite, per matrimoni, unioni…
Questo strumento, accessibile a tutti, ha permesso di coinvolgere e integrare maggiormente soprattutto quei collaboratori che quotidianamente lavorano fuori dall’azienda e che sono quindi inevitabilmente poco informati sulle attività interne.
(Stralci dall’articolo promozionale riportato da milanobiz.it a cui rimandiamo per la lettura integrale).
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Note:
I modelli top-down e bottom-up sono strategie di elaborazione dell’informazione e di gestione delle conoscenze, riguardanti principalmente il software e, per estensione, altre teorie umanistiche e teorie dei sistemi.
In linea generale, esse sono metodologie adoperate per analizzare situazioni problematiche e costruire ipotesi adeguate alla loro soluzione: il concetto di situazione problematica è riconducibile agli ambiti più vari, come ad esempio l’elaborazione di un programma informatico, la risoluzione di un problema geometrico o matematico, l’elaborazione di un testo, la risoluzione di un problema pratico/operativo.
Il top down parte dall’obiettivo e da esso fa scaturire la strategia direttamente adatta a determinare l’obiettivo stesso, quindi valorizza il perché e da esso fa dipendere il come; nell’ambito della strategia mirata a determinare direttamente l’obiettivo.
Il bottom up richiama invece un’immagine raffigurante una freccia in cui la coda è il bottom (la parte bassa) mentre up è la punta: dal punto di vista dinamico si parte dal bottom e si procede verso up.
Il bottom up prende corpo dal punto di partenza (bottom) ovvero dalla situazione iniziale; considera l’obiettivo finale, induce a costruire un percorso sequenziale organizzato in passaggi successivi in cui l’ancoraggio tra traguardi intermedi e obiettivo finale è generalmente ricercato in modo intuitivo (euristico).
Secondo HRCoffee il progetto vuole stimolare lo sviluppo dell’intelligenza cognitiva delle imprese, con una metodologia bottom up in grado di raccordare gli obiettivi dei singoli con quelli aziendali, attraverso l’analisi dei big data prodotti in azienda ed elaborati con algoritmi di intelligenza artificiale.
Editor's note:
Gli esami non finiscono mai
Con l’anglicismo assessment (chissà perché in Italia si deve usare l’inglese?) ci si riferisce a “valutazione”.
Le valutazioni frequenti possono, esattamente come avviene nella scuola, evidenziare il percorso di sviluppo personale del dipendente. Il lavoratore stesso può richiedere un feedback su quello che sta facendo e su come lo fa, quando pensa di aver lavorato bene, o anche quando non ne è sicuro. E la valutazione può fondarsi sul percorso di interazione tra responsabile e dipendente, favorendo la trasparenza e la comprensione reciproca. Il responsabile-coach può farsi carico di ideare, in coerenza con gli obiettivi aziendali, percorsi di crescita personalizzati, specie per i lavoratori più capaci e ambiziosi.
Infine, il feedback continuo si presta a diventare valutazione a 360°, perché i comportamenti del singolo lavoratore possono essere giudicati dal capo diretto, dai colleghi, dai “clienti”, dall’HR, e così via. E, perché no, anche da lui stesso, sotto forma di autovalutazione.
Non sembra superfluo sottolineare l’enorme importanza che assumono le dinamiche relazionali nel contesto lavorativo, tra chi eroga la prestazione e chi la gestisce. Perché è soprattutto dalla distorsione della relazione tra le figure coinvolte con ruoli diversi nei processi lavorativi che possono scaturire situazioni di disagio psichico.
In realtà queste dinamiche capaci di generare disagio psichico, almeno come concetto, sono nate e si sono sviluppate insieme alla naturale capacità dell’individuo di relazionarsi agli altri. Esse però, in un’ottica di tutela della salute del lavoratore, intesa come benessere e non come assenza di patologia, assumono la dignità di veri e propri fattori di rischio.
Un sistema di valutazione continua, come prospettato da questi sistemi, si traduce per alcuni come un esame continuo che può essere interpretato come un continuo rischio sulle possibilità di sviluppo lavorativo (precarietà, stagnazione della carriera, scarsa retribuzione o valore sociale del lavoro, ecc).
Avere paura, essere tesi prima di un esame, di una prima uscita o di una mansione lavorativa è normale: aiuta ad essere reattivi e a cercare di ottenere il risultato sperato. Il problema è quando l’ansia e lo stress diventano eccessivi e non più prestazionali o utili.
Lo stress di per sé quindi non rappresenta e non può essere associato ad una malattia. Soltanto se comporta uno stato di prolungata e/o intensa tensione può risultare nocivo innanzitutto per l’essere umano, determinandone diverse possibili patologie quali: malattie cardiovascolari, disordini gastrointestinali, disordini neurologici, ansia, disturbi del sonno, malattie del sistema immunitario e del sistema ormonale e una più alta frequenza di aborti spontanei nelle donne.
Ogni individuo è infatti la risultante di una moltitudine di caratteristiche personali in connessione tra di loro e con l’esterno, caratteristiche che possono renderlo più o meno vulnerabile a questo malessere: lo stress insorge dunque a seguito dell’interazione tra le specifiche peculiarità dell’individuo e l’ambiente all’interno del quale è inserito.
La valutazione continua con grafici delle prestazioni, il punteggio delle performance, i colloqui “correttivi” in cui i riflettori sono puntati su di noi e il risultato dipende esclusivamente dalla qualità della prestazione con conseguenti relazioni conflittuali con i superiori (che dipendono dal marketing e non da un servizio scientifico, come vuole la legge) creano sicuramente un ambiente che potremo definire eufemisticamente “non sereno”.
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