L’azienda mette in mobilità 104 persone in Italia. E poi delocalizza fuori Europa. Proteste a Milano.
di Michele Albini
Un taglio ai dipendenti e la decisione di delocalizzare fuori dall’Europa e dall’Italia. Non capita spesso di assistere a uno sciopero all’interno dell’industria farmaceutica. Ma dalla mattina di venerdì 16 novembre sotto la sede di Assolombarda nel centro di Milano, Paolo Mogliazza, Marina Maccaglia, Marco Ottolini e i loro colleghi manifestano contro le scelte della Lundbeck.
La multinazionale danese, specializzata in psicofarmaci, a giugno ha deciso il licenziamento di 600 impiegati in Europa, di cui 104 in Italia, su un totale di 193 assunti.
LE ASSUNZIONI E POI LA MOBILITÀ. Mogliazza è un informatore scientifico – come tanti altri sotto Assolombarda – ovvero un chimico che si rivolge ai medici – sia di base sia specialisti – per convincerli della bontà dei prodotti dell’azienda farmaceutica.
Gli impiegati della Lundbeck raccontano di avere prima visto le loro fila ingrossarsi di colpo con l’assunzione, a novembre 2011, di 30 persone a tempo indeterminato; poi, 10 mesi dopo, si sono visti arrivare la comunicazione di messa in mobilità.
A DICEMBRE LA CASSA INTEGRAZIONE. Ora, il confronto con i sindacati può andare avanti fino ai primi di dicembre, quandi è previsto l’inizio della cassa integrazione ordinaria. E se anche un giudice del lavoro decidesse per la reintegrazione dei lavoratori, l’eventuale causa collettiva richiederebbe tempi lunghi, almeno due o tre anni.
Fabrizio Rigoldi dell’Ugl mette i paletti: «Chiediamo una riduzione del numero delle persone messe in mobilità, insieme con l’utilizzo di ricollocamenti, prepensionamenti, risarcimento danni e buonuscita».
Ralph Fassey, amministratore delegato di Lundbeck Italia, ha scelto di non rispondere alle domande della stampa.
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