Siamo liberi di andare al di sotto di un minimo tariffario che, fermo a 14 anni fa, ci consente, a nostro piacimento, di rimetterci sui costi qualora avessimo deciso di curare? ops, pardon! ? Di vendere un servizio qualitativamente decente. Siamo liberi di associarci con chiunque ci assicuri i capitali per installare lo studio – impresa riservandoci poi di spiegargli perché, in caso di inguaribile e sorpassato sentimentalismo, abbiamo perso tempo con un “cliente” che non ha risposto nei tempi consueti ad una anestesia.
Certo è che le libertà bisogna meritarsele e quindi qualche paletto bisogna pur metterl forse un giorno, se saremo stati degli imprenditori virtuosi, ci sarà concessa la possibilità di farci pagare in contanti, come per ogni altro commerciante. Libertà a piene mani anche per la nostra affezionata cliente che, con una pensione giusto sufficiente a condurre una vita dignitosa e l’assurda idea di rifiutarsi di pagare gli aumentati costi di un conto corrente bancario, potrà scegliere di farsi un salutare giretto a piedi fino all’ufficio postale (la fila è anche un momento di socializzazione) e saldarci con un bollettino di tradizionale memoria.
Poi, nel caso si dovesse trovare inopinatamente senza il proprio professionista di fiducia, ha la libertà di coltivare il sogno di un medico onnisciente che la salverà dai dolori di questa Terra: i giornali e la televisione l’aiuteranno a dargli un nome ed un cognome, fatta salva poi la libertà di rivolgersi ad un tribunale. Ma questi sono incerti del mestiere: con il tempo (conta molto sulla promessa di allungamento della vita) si farà l’esperienza.
Ah, dimenticavo. Ci è stata data un’ultima libertà, forse la più importante di tutte: mantenere inalterate tutte quelle norme del Codice Deontologico che non ci è stato imposto di cambiare.
Ma, forse, su quest’ultima illuminata apertura bisogna rifletterci un po’, anche per non approfittare: e se decidessimo una volta per tutte di rinunciare all’etica?