Chi vuole difendere le farmacie è meglio che non si appelli al controllo dei rischi di reazioni avverse e all’appropriatezza, perché queste cose passano dagli ambulatori, non dai negozi.
9 febbraio 2015 – R.it Blog Mondo Sanità
La questione della apertura alla vendita dei farmaci in fascia C anche nelle parafarmacie ha provocato un’alzata di scudi come non si vedeva da tempo nel sistema sanitario. Tutti si sono schierati contro con sdegno, dal ministero, all’Aifa, alle associazioni, passando per federfarma, medici specialisti e di famiglia. Non è difficile prevedere che tutto sarà bloccato. Del resto sono anni che si parla di misure del genere e le lobby le hanno sempre bloccate.
Fondamentalmente vengono segnalati due rischi. Sul primo mi trovo in parte d’accordo. L’apertura potrebbe davvero indebolire le farmacie rurali o dei paesi, presidi sanitari importanti, a causa della concorrenza da parte di parafarmacie, supermercati eccetera.
Un altro aspetto da valutare è che già oggi nelle città i punti vendita sono molti, non credo ci siano persone che hanno difficoltà a trovare farmaci a qualunque ora (e eventuali problemi di notte non sarebbero certo risolti dai market). Quando però si parla del rischio di consumismo sanitario, reazioni avverse, e inapproriatezza non capisco. Perché mai si dovrebbero consumare più farmaci con l’aumento dei negozi?
Le medicine in fascia C devono comunque essere prescritte dal medico sulla ricetta bianca e sono a carico dell’assistito, che magari con l’apertura del mercato godrebbe di una riduzione dei prezzi. Basta che i dottori, che firmano le ricette, facciano attenzione. In questo modo si terrebbero sotto controllo i consumi, e magari farebbe bene alla causa che i professionisti evitassero di fare prescrizioni sulla base di una conversazione telefonica tra la segretaria e l’assistito.
Accade spesso, è inutile che ci giriamo intorno: molti farmaci sono consigliati senza una visita. E anche gli specialisti non si fanno grossi problemi a firmare il foglio con la carta intestata per suggerire farmaci di classe C. Ecco, chi vuole difendere le farmacie è meglio che non si appelli al controllo dei rischi di reazioni avverse e all’appropriatezza, perché queste cose passano dagli ambulatori, non dai negozi.
Commento:
sergug 10 febbraio 2015 alle 10:56
E me pareva strano se, alla fine, la colpa non era dei medici…si parla di farmaci di classe C, dei quali solo una parte è soggetta a prescrizione di ricetta medica, i farmaci da banco sono in libera vendita… È proprio questa la categoria dove gli sconti della grande distribuzione potrebbero portare a notevoli risparmi per l’utente e dove esiste modesto controllo da parte del venditore (farmacista compreso) sui possibili effetti collaterali del prodotto stesso…
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