Ieri sono usciti ben tre comunicati sindacali , aventi ad oggetto la figura e il ruolo dell’informazione scientifica del farmaco .
Ho tirato un sospiro di sollievo, mi sono detta che finalmente qualcuno, che ha un discreto potere decisionale e di confronto con Farmindustria, si è accorto che l’ISF, in questo periodo, appartiene ad una categoria di lavoratori particolarmente in difficoltà, al pari di tanti altri che vedono la loro attività drammaticamente sospesa, con tutti i rischi del caso.
Con una certa leggerezza di spirito mi sono messa a leggerli. Una volta, due volte, tre volte. Leggevo e non capivo, rileggevo … e niente. Siccome avevo avuto una giornata lavorativa molto intensa, iniziata alle 8.30 della mattina e finita alle 19.30, mi sono preparata un caffè, convinta di avere un po’ le pile scariche e riprendo la lettura da capo.
Purtroppo avevo letto bene fin dalla prima volta e ho dovuto prendere atto che per dirla con le parole usate dai miei familiari, ci hanno “fottuti” un’altra volta.
Quello che fa più male è che il sindacato ha ritenuto di dover schierare una poderosa batteria di fuoco (tre corposi comunicati tre, tutti nella stessa giornata) contro quei lavoratori che dovrebbe invece tutelare e da molti dei quali si fa pagare per farlo.
Il primo, ecumenico, introduce l’argomento: si chiede un incontro con le aziende del settore, in vista della ripresa, prendendo purtroppo atto che alcune si stanno muovendo, ultimamente, un po’ in ordine sparso e auspicando un “riavvio dell’attività di Informazione Scientifica che sia utile al nostro sistema Sanitario e svolta secondo regole condivise“.
Chissà cosa intendono per ” informazione scientifica utile al sistema Sanitario “:
finora è stata forse dannosa?
Il secondo è devastante: in poche righe si parla di “informazione medica“, terminologia inesatta e che crea solo confusione (voluta?), di inadeguatezza della legislazione vigente, obsoleta (!) già prima della pandemia. Ciliegina sulla torta, sono pronti a discutere di strumenti di informazione “alternativi alla visita tradizionale”: sembra tutto molto ragionevole, ma il diavolo si nasconde nei dettagli e sarebbe auspicabile discutere di strumenti “integrativi” (non alternativi) della visita tradizionale.
Terzo comunicato : esilarante, se non fosse drammatico per quello che sancisce.
Innanzitutto è scritto dai sindacati del settore commercio, turismo e servizi, e solo loro sanno cosa c’entrino con gli Informatori Scientifici del Farmaco. In secondo luogo plaudono all’iniziativa di un’azienda, che impiega i propri Informatori, denominati “farmaceutici” dai suddetti sindacati (utilizzando un termine che non esiste, ma d’altra parte cosa ne capiscono, visto che non è il loro settore) nella distribuzione dei dispositivi di protezione. Contravvenendo sia alle norme contrattuali, facendo svolgere una mansione per la quale esistono i corrieri, sia a norme imperative di legge, nazionali e regionali, che impediscono di svolgere tale servizio in mancanza di adeguati mezzi di protezione.
In più mi viene da dire: ma se l’azienda manda questi colleghi dai medici a distribuire i dpi, perché non li manda a fare il loro lavoro, l’informazione scientifica? Sempre dal medico vanno.
E in tutti e tre questi comunicati i sindacati lamentano che aziende e regioni vanno in ordine sparso.
A me sembra che le aziende abbiano, al contrario idee molto chiare.
Il sindacato? Non pervenuto
Francesca Boni