Dear Editor,
ho letto la Vs. N.d.R., a commento di una notizia pubblicata su Metronews del 31 marzo, riguardante la vaccinazione anticovid-19 somministrata a Milano ad un direttore marketing di un’azienda farmaceutica.
Avevo poi seguito, il 30 marzo, la trasmissione “di Martedì” nella quale, tra i vari argomenti, è stata anche dibattuta la questione dei “furbetti” del vaccino, annoverando tra questi gli Informatori Farmaceutici (utilizzo la denominazione errata data, dai redattori della trasmissione, a questi professionisti).
Premetto che sono un Informatore Scientifico del Farmaco e come potete immaginare sono rimasta profondamente colpita da ciò che è emerso. Da un lato mi sono risentita per come la trasmissione abbia dipinto la categoria professionale alla quale appartengo e anche, devo dirlo, per la superficialità con la quale i giornalisti di “di Martedì” abbiano trattato l’argomento: è del tutto evidente che non sanno come si svolga la nostra attività né in che cosa consista. Ma ho già avuto modo di segnalare alla trasmissione le loro inesattezze.
Quello che mi ha indignato profondamente, tuttavia, è ciò che avete giustamente voluto mettere in evidenza riprendendo l’articolo di Metronews: un direttore “marketing” che ha approfittato della decisione della mia regione di vaccinarci, in pratica fingendo che la sua attività lavorativa si svolgesse in presenza nelle strutture sanitarie.
E’ inutile che questo signore cerchi di addossare alla regione la responsabilità di avere vaccinato un 44enne in buona salute: lui solo deve rispondere della sua libera decisione di aderire ad una campagna vaccinale che ha lo scopo di mettere in sicurezza chi, per lavoro, opera quotidianamente all’interno degli ospedali e degli ambulatori tutelando, conseguentemente, anche tutti gli operatori sanitari con cui gli informatori scientifici si interfacciano.
L’attività lavorativa di un Direttore Commerciale, quelli che comunemente nel nostro settore sono indicati con i termini “ Marketing” e “Sales”, non si svolgono all’interno delle strutture sanitarie: stanno in ufficio. E in questo periodo sono tutti a casa, a lavorare con quelle modalità digitali che tutti noi conosciamo.
Sarebbe saggio che il datore di lavoro di questo Dirigente prendesse seri provvedimenti nei suoi confronti, perché il danno reputazionale che tali comportamenti arrecano alle aziende del farmaco sono enormi. Sono una dipendente di una multinazionale e so esattamente di cosa parlo.
Sull’integrità morale e sul senso civico di questo signore non mi permetto di dire nulla, rientrando nella sfera più intima e privata di ognuno di noi.
Lettera firmata
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