In Italia solo la metà delle persone cui è stata prescritta una cura di lunga durata segue ancora le indicazioni del medico dopo un anno. Errori in termini di dosi e tempi
di Elena Meli – 23 marzo 2015 – CORRIERE DELLA SERA / HEALTH
Appena usciti dall’ambulatorio del medico con la ricetta in mano ci sentiamo già un po’ sulla via della guarigione: abbiamo la prescrizione, sappiamo che cosa fare per stare meglio. Peccato che la strada sia in salita, d’ora in poi: quello a cui infatti non si pensa mai abbastanza è che si deve “aderire” alla terapia perché funzioni, seguendola nei modi e nei tempi indicati. Banale? Tutt’altro: secondo i dati di una recente revisione della Cochrane Collaboration (ente di ricerca indipendente per la valutazione della ricerca scientifica), appena metà dei pazienti prende i farmaci come prescritto.
E anche le cure più efficaci e innovative possono essere fallimentari se poi non vengono fatte come si deve. «Non basta una scelta appropriata del farmaco, serve l’aderenza o compliance al trattamento perché questo funzioni — spiega Achille Patrizio Caputi, docente di farmacologia all’Università di Messina, fra i firmatari, nel 2013, di un Manifesto per l’Aderenza alla terapia farmacologica in Italia —. Purtroppo tutti i dati a disposizione indicano che pochi si curano secondo le istruzioni date dal medico: uno studio della Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) su 21 mila ipertesi ha dimostrato che dopo il primo anno solo metà dei pazienti prende ancora i farmaci».
«E dati simili — prosegue Caputi — si osservano per moltissime patologie, soprattutto croniche e senza un rischio immediato per la salute: i medicinali per ridurre il colesterolo o prevenire le fratture da osteoporosi, quelli per diminuire la probabilità di trombi o per tenere bassa la glicemia non eliminano un sintomo fastidioso o un problema che mette a repentaglio la vita, così i pazienti li percepiscono come poco importanti e li dimenticano. Anche perché sono sentiti come un peso, dovendo essere assunti regolarmente e, di fatto, per sempre. Eppure, nel caso dell’ipertensione sappiamo che con un’adesione alla terapia superiore all’80% (in pratica, una situazione in cui vi sia solo un 20 per cento di errori fra mancate assunzioni del farmaco o simili, ed) il rischio di eventi cardiovascolari come infarti e ictus diminuisce tantissimo. In altre parole le cure funzionano, se sono seguite davvero».
Gli sprechi
Non farlo comporta costi enormi, perché i medicinali vengono buttati e perché non curarsi o farlo male significa andare incontro a ricadute e ricoveri evitabili; in alcuni casi, poi, prendere i farmaci soltanto per poco tempo è come non averlo mai fatto o addirittura peggio. «La persistenza della terapia, ovvero curarsi per tutto il periodo indicato dal medico, è infatti un altro punto cardine perché i trattamenti abbiano effetto — sottolinea Claudio Cricelli, presidente SIMG —. Se prendo i farmaci per un po’ e poi smetto, credendo di stare bene, la malattia cronica non resta dormiente ma va avanti: quando tornerò ad affrontarla sarà peggiorata e sarà più difficile aggredirla.
Un classico è il farmaco anticolesterolo mollato al primo esame in cui i livelli sono discreti, dimenticandosi che il risultato è stato possibile grazie al medicinale. Altrettanto tipico l’abbandono delle terapie croniche quando si prende un’influenza: tutti pensano che interromperle per qualche giorno non possa far male, invece le sospensioni di cura possono avere effetti anche gravi». «Inoltre, — prosegue Cricelli — pochi pensano a quanto siano importanti adeguati controlli periodici, che così vengono spesso trascurati; invece, l’adesione ai test regolari serve a monitorare la terapia e ne è parte integrante, perché è il mezzo migliore per capire se stia funzionando o se debba essere modificata».
Difficoltà con gli anziani
L’aderenza ai trattamenti è problematica soprattutto fra gli anziani: i deficit cognitivi, le difficoltà di comprensione da parte dei badanti non italiani (oggi sono almeno un milione gli anziani gestiti da stranieri, spesso senza preparazione specifica) e soprattutto le politerapie rendono complicato seguire le cure nel modo giusto. Stando ai dati dell’Agenzia Italiana del Farmaco, circa metà degli over 65 prende da 5 a 9 medicinali al giorno, l’11% addirittura più di 10 per le numerose malattie che si accumulano negli anni: anche volendo, pare impossibile non fare errori.
Così, secondo la Cochrane Collaboration, all’aumentare del numero di farmaci prescritti cala inesorabilmente la compliance: il tasso medio è dell’80% in chi deve prendere un medicinale al giorno, ma crolla al 50% quando se ne deve assumere più di uno o se i farmaci vanno presi più di una volta al giorno. «Peraltro — interviene Nicola Ferrara, presidente della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria — se si mettono in uno stesso “calderone” terapeutico prodotti indispensabili con altri solo di supporto può capitare che il paziente, se non è informato a dovere, faccia a meno del medicinale essenziale per alleggerire il carico complessivo. L’informazione è il nodo cruciale: uno dei principali motivi della scarsa aderenza è il poco tempo dedicato ai malati o a chi si occupa di loro per spiegare chiaramente tutti gli aspetti dei trattamenti e la loro importanza».
Farmaci errati, capita spesso
Per limitare il problema è stato lanciato un progetto pilota; coinvolto l’ospedale di Mendrisio
lunedì 23/03/15 15:59 – ultimo aggiornamento: lunedì 23/03/15 – RSI
THEl 10% dei ricoverati negli ospedali svizzeri subisce danni a causa di errori nell’uso dei farmaci. La constatazione ha spinto l’organizzazione Sicurezza dei pazienti a lanciare un programma per una verifica sistematica della farmacopea. Per raggiungere l’obbiettivo, sono state predisposte delle liste da compilare dal momento del ricovero a quello della dimissione. Anche chi è sottoposto alle cure è invitato a prendere parte alla trafila.
Fra le nove strutture che partecipano al progetto pilota figura anche il Beata Vergine di Mendrisio.
Si calcola che, ogni anno, siano 20’000 i ricoveri dovuto all’impiego errato di medicinali e che almeno un terzo di questi potrebbe essere evitato.
ATS/dg