Le captazioni sono tutte illegittime e quindi inutilizzabili, perché non è consentita l’effettuazione di intercettazioni tra presenti. Occorre verificare che, mediante l’attivazione da remoto della telecamera inerente al telefono cellulare, non siano state effettuate videoregistrazioni all’interno di luoghi di privata dimora o, comunque, tali da imporre la necessità di tutelare la riservatezza personale.
Published by lentepubblica.it il 12 ottobre 2015
La Corte di Cassazione, sez. VI Penale, con la sentenza 26 maggio – 26 giugno 2015, n. 27100, si è pronunciata in merito alla validità delle intercettazioni ambientali tramite smartphone.
Intercettazioni ambientali tramite virus sullo smartphone a serio rischio di inutilizzabilità: stando, infatti, a una recente sentenza della Cassazione tali forme di controllo a distanza non sarebbero rispettose della Costituzione.
Il decreto autorizzativo deve individuare, con precisione, i luoghi nei quali dovrà essere espletata l’intercettazione delle comunicazioni tra presenti, non essendo ammissibile un’indicazione indeterminata o addirittura l’assenza di ogni indicazione, al riguardo.
Se poi i decreti autorizzativi non contenevano alcuna specificazione dei luoghi in cui effettuare l’intercettazione ambientale, le captazioni sono tutte illegittime e quindi inutilizzabili, perché non è consentita l’effettuazione di intercettazioni tra presenti ovunque. Il Tribunale dovrà dunque, in tal caso, verificare se la gravità indiziaria possa prescindere dalle risultanze delle intercettazioni e fondarsi esclusivamente su elementi acquisiti.
Ne deriva, relativamente al caso di specie, che occorre verificare che, mediante l’attivazione da remoto della telecamera inerente al telefono cellulare, non siano state effettuate videoregistrazioni all’interno di luoghi di privata dimora o, comunque, tali da imporre la necessità di tutelare la riservatezza personale.
Nell’affermativa, anche queste risultanze dovranno essere espunte dal compendio indiziario e il Tribunale dovrà effettuare la prova di resistenza. Si tratta infatti di una questione non di legittimità della tecnica di acquisizione probatoria, in sé considerata, ma di utilizzabilità delle relative risultanze.
Per tutte le restanti informazioni potete consultare la Sentenza della Cassazione in allegato all’articolo.