Un provvedimento che modifica le norme dello Statuto dei lavoratori ed è in evidente contrasto con la Raccomandazione del Consiglio d’Europa sulla privacy.
di Guido Iocca – 23/06/2015 . Rassegna.it
L’ennesima offensiva sferrata contro il mondo del lavoro – sotto forma di atto deliberatamente unilaterale – che giunge quando ancora non è spenta l’eco delle polemiche che hanno accompagnato negli ultimi mesi l’iter parlamentare della riforma renziana del lavoro, contribuendo a gettare nuova benzina sul fuoco dei già problematici rapporti tra Palazzo Chigi e Cgil, Cisl e Uil.
Un’offensiva nei cui confronti la Cgil ha deciso di organizzare una campagna di sensibilizzazione che avrà il suo punto di forza in una serie di brevi flash mob (della durata di circa 15-20 minuti) che debuttano oggi a Roma e a Bari e proseguiranno nei prossimi giorni in altre città italiane: il 24 giugno a Napoli, il 25 a Firenze, il 26 a Bologna e a Venezia, il 27 a Genova, il 29 a Milano e a Palermo, il 30 a Torino.
Ce n’è abbastanza insomma per sollevare un problema di legittimità nei confronti del provvedimento. Che lo stesso ministro Poletti difende facendo uso di argomentazioni non proprio solidissime. Non saremmo, a giudizio del titolare del Lavoro, in presenza di una liberalizzazione dei controlli, ma di una misura finalizzata ad adeguare le norme dello Statuto “alle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute”, vale a dire i computer, i cellulari e i tablet dei lavoratori, e agli annessi limiti di utilizzabilità dei dati da questi “nuovi” strumenti (nuovi, naturalmente, a far data dal 1970) raccolti.
E nel tentativo di fugare ogni dubbio sulle cattive intenzioni degli autori del decreto, è la stessa modifica all’articolo 4 della legge 300 a chiarire che “non possono essere considerati strumenti di controllo a distanza gli strumenti che vengono assegnati per rendere la prestazione lavorativa”.
Ora, ammettendo pure – e con estrema difficoltà – i buoni propositi del ministero del Lavoro, un dubbio (per più di qualcuno una convinzione) rimane in piedi: e cioè che da strumenti concepiti per “servire” il lavoratore nella propria prestazione, i cellulari o i pc possano facilmente trasformarsi – con l’aggiunta di appositi software o filtri (e non sarebbe la prima volta) – in mezzi utili al datore per controllare l’operato dei suoi dipendenti. Un modo francamente discutibile di adeguare alle esigenze dell’oggi – ma sarebbe più corretto dire: manomettere – la legge 300. Un’involuzione che ha del clamoroso e che non può che preoccupare le organizzazioni dei lavoratori.
Com’era quel vecchio refrain sui governi di centro-sinistra e sulla loro amichevole acquiescenza nei confronti dei sindacati? Se la faccenda non fosse così seria, verrebbe quasi voglia di scherzarci su.
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Editor's note: riportiamo il teso della Raccomandazione del Consiglio d’Europa
CONSIGLIO D’EUROPA [extract]
14. L’uso di Internet e delle comunicazioni elettroniche sul posto di lavoro
14.1. I datori di lavoro dovrebbero evitare interferenze ingiustificate e irragionevoli, con diritto alla vita privata dei dipendenti.Questo principio si estende a tutti i dispositivi tecnici e le TIC utilizzati da un dipendente. Le persone interessate devono essere adeguatamente e periodicamente informati in applicazione di una chiara politica sulla privacy, in base al principio 10 della presente raccomandazione. Le informazioni fornite devono essere tenute aggiornate e dovrebbe includere la finalità del trattamento, la conservazione o il periodo di back-up dei dati sul traffico e l’archiviazione delle comunicazioni elettroniche professionali.
14.2. In particolare, nel caso di trattamento di dati personali relativi a pagine Internet o Intranet accessibili dal dipendente, occorre privilegiare l’adozione di misure preventive, quali l’uso di filtri che impediscono particolari operazioni, e per la classificazione delle possibili monitoraggio sui dati personali, dando la preferenza per i non-individuali controlli a campione sui dati che sono in forma anonima o in qualche modo aggregato.
14.3. L’accesso da parte dei datori di lavoro verso le comunicazioni elettroniche professionali dei propri dipendenti che sono state informate in anticipo dell’esistenza di questa possibilità può verificarsi solo, se necessario, per la sicurezza o per altri motivi legittimi. Nel caso di lavoratori assenti, i datori di lavoro devono prendere le misure necessarie e prevedere le procedure appropriate per consentire l’accesso alle comunicazioni elettroniche professionali solo quando tale accesso è necessariamente professionale. L’accesso deve essere effettuata nel modo meno invasivo possibile e solo dopo aver informato i lavoratori interessati.
14.4. Il contenuto, l’invio e la ricezione di comunicazioni elettroniche private sul lavoro non deve essere monitorata in nessun caso.
14.5. Alla partenza di un dipendente da un’organizzazione, il datore di lavoro deve adottare le necessarie misure organizzative e tecniche di disattivare automaticamente account di messaggistica elettronica del dipendente. Se i datori di lavoro hanno bisogno di recuperare il contenuto di conto di un dipendente per una gestione efficace dell’organizzazione, devono farlo prima della sua partenza e, quando possibile, in sua presenza.
15. Sistemi informativi e tecnologie per il monitoraggio dei dipendenti, tra cui la videosorveglianza
15.1. L’introduzione e l’utilizzo dei sistemi informativi e delle tecnologie per lo scopo diretto e principale di attività e il comportamento di monitoraggio dei dipendenti non dovrebbero essere permessi. Dove la loro introduzione e l’utilizzo per altri scopi legittimi, come a proteggere la produzione, la salute e la sicurezza o per assicurare il regolare funzionamento di un’organizzazione ha per conseguenza indiretta la possibilità di monitorare l’attività dei dipendenti, dovrebbe essere soggetto alle garanzie supplementari di cui in linea di principio 21, in particolare, la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori.
15.2. Sistemi informativi e tecnologie che controllano indirettamente le attività e i comportamenti dei dipendenti devono essere specificamente progettati e disposti in modo da non compromettere i loro diritti fondamentali. L’uso di videosorveglianza per monitorare le posizioni che fanno parte della zona più personali della vita dei dipendenti non è consentito in qualsiasi situazione.
15.3. In caso di controversia o procedimento giudiziario, i dipendenti devono essere in grado di ottenere copie di registrazioni fatte, se del caso e in conformità del diritto nazionale. L’archiviazione delle registrazioni dovrebbe essere soggetto a un limite di tempo.