Continuità oltre la crisi, l’industria del farmaco si tiene stretta al lavoro
Mantenimento delle produzioni, tenuta dell’export e mercato interno in flessione. Massimo Scaccabarozzi, riconfermato presidente di Farmindustria, riflette sull’esperienza passata e su un presente complesso confidando però nelle pipeline e nell’evoluzione delle professioni tipiche del settore. L’associazione imprenditoriale ne ha censite un centinaio. Dal numero 181 del magazine
Massimo Scaccabarozzi a luglio è stato riconfermato presidente di Farmindustria fino al 2022 (la prima nomina risale al 2011) e nell’intervista rilasciata a AboutPharma analizza volentieri gli eventi che si sono succeduti durante la sua reggenza. Guardando al futuro, ovviamente.
Riportiamo integralmente i passaggi dell’intervista che riguardano gli informatori scientifici del farmaco.
Quando si è insediato nel 2011 si era nell’onda lunga di una crisi finanziaria iniziata nel 2008. Che situazione vivevano le imprese?
Ricordo che la notte prima della nomina fu introdotto il tetto sulla spesa ospedaliera vincolante, cosa che non era mai stata fatta prima. Da lì sono iniziati tutti i problemi, la crisi economica era profonda ma proprio allora come Farmindustria abbiamo cercato di portare fuori ed evidenziare il valore di un settore che poteva dare molto.
In che modo?
Raccontando quello che stavamo facendo come produzione industriale, nella ricerca, nella formazione etc.
Altra risposta significativa:
Avete garantito continuità produttiva e distribuzione ma altre attività sono ferme, come ad esempio l’informazione scientifica. Cosa ci possiamo attendere?
Sono ferme fino a un certo punto. A metà febbraio quando non c’era ancora il lockdown abbiamo provato a immaginare cosa sarebbe successo nel nostro Paese se ci fossimo trovati nella situazione della Cina. Dopo poco all’interno di Farmindustria sono nate cinque task force dedicate nell’ordine a organizzazione del lavoro, continuità produttiva, continuità della distribuzione, continuità della ricerca clinica, informazione scientifica.
La parola più ricorrente è proprio ‘continuità’: sapevamo di non poter fermare la ricerca né la produzione. Non a caso la prima task force varata è stata dedicata all’organizzazione del lavoro perché era fondamentale garantire la salute dei nostri addetti. Quindi abbiamo messo in smart working tutti coloro che potevano starci il più possibile e abbiamo applicato norme di sicurezza ancora più stringenti nei reparti produttivi e nella distribuzione, perché dovevamo consentire l’arrivo delle materie prime nei laboratori.
Con la partecipazione di tutte le industrie associate abbiamo lavorato d’anticipo anche sull’informazione scientifica che continua ad avere un valore straordinario per noi: è una delle poche fonti di aggiornamento del medico ed è fondamentale anche per la farmacovigilanza perché raccogliamo dal medico le segnalazioni di eventi avversi e dei vantaggi terapeutici.
Da questo punto di vista, certo non come prima, ma l’attività degli Isf è andata avanti e non s’è mai fermata. Devo dire che abbiamo lavorato bene anche con i sindacati e le associazioni mediche come Fimmg, Simg e Fnomceo.
Appena sarà possibile riprenderanno le visite, le interviste ai medici, fermo restando che abbiamo velocizzato tutte le forme di digitalizzazione che saranno importanti. Anche qui c’è stata una risposta molto positiva della classe medica e stiamo collaborando affinché sia valorizzato e non sminuito il ruolo dell’Isf.
E ancora:
Torniamo al tema del lavoro. Come giudica l’uso massiccio dello smart working? Che conseguenze immagina sulle vostre organizzazioni che pure da tempo lo sperimentavano?
Questo periodo ha sicuramente velocizzato la digitalizzazione iniziata ma che stentava a decollare. Lo smart working e le forme di lavoro da remoto sono importanti, ma sono una parte integrativa e non sostitutiva. Anche nel nostro campo il rapporto umano è ancora irrinunciabile. La leadership non si ottiene nel web. È fatta di rapporti umani, è fatta di contatti, parlare, discutere e insieme affrontare i problemi.
L’export tiene, flette il mercato interno, nuove professioni all’orizzonte, le pipeline delle aziende sono gonfie di prodotti in sviluppo. Quello che manca – dopo la fase acuta della pandemia e alle porte di un imperscrutabile autunno – è una ripresa del confronto con il Governo e l’Aifa sui temi della governance, del payback, della riformulazione dei tetti di spesa e forse pure della revisione del prontuario. Riforme, insomma. Qualcosa che sostenga gli sforzi della prima o seconda, poco importa, industria farmaceutica europea. Massimo Scaccabarozzi ha fiducia però. Lo incoraggia la collaborazione gomito a gomito avuta con le istituzioni in questi mesi difficili.
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