Chi ha provato sa qual è il rischio.
You type in a symptom, let's say a headache, some further details, tipo giovane età, magari l’ipotesi di malattia che uno vorrebbe scacciare dalla mente, diciamo ictus; si clicca «cerca con Google» e l’incubo comincia: decine di pagine di siti medici, racconti di pazienti sopravvissuti, parenti di pazienti non sopravvissuti…
Chi tende all’ipocondria non dovrebbe cadere nella tentazione di cercare informazioni mediche su internet per chiarirsi le idee sui suoi sintomi, sul significato di un valore delle analisi fuori norma o su qualche parolone medico del cui significato non è sicuro.
Doctor Google has several merits, but not that of being reassuring, as an English journalist joked.
Però, se la ricerca è fatta con buon senso, e i risultati interpretati con altrettanto giudizio, può funzionare: in bene e in male, a molti è capitato di farsi la diagnosi su internet prima di andare dal medico.
Ora questa conclusione è documentata da uno studio cui il British Medical Journal ha dedicato la copertina: Google azzecca la diagnosi in oltre metà dei casi.
You type in a symptom, let's say a headache, some further details, tipo giovane età, magari l’ipotesi di malattia che uno vorrebbe scacciare dalla mente, diciamo ictus; si clicca «cerca con Google» e l’incubo comincia: decine di pagine di siti medici, racconti di pazienti sopravvissuti, parenti di pazienti non sopravvissuti…
Chi tende all’ipocondria non dovrebbe cadere nella tentazione di cercare informazioni mediche su internet per chiarirsi le idee sui suoi sintomi, sul significato di un valore delle analisi fuori norma o su qualche parolone medico del cui significato non è sicuro.
Doctor Google has several merits, but not that of being reassuring, as an English journalist joked.
Però, se la ricerca è fatta con buon senso, e i risultati interpretati con altrettanto giudizio, può funzionare: in bene e in male, a molti è capitato di farsi la diagnosi su internet prima di andare dal medico.
Ora questa conclusione è documentata da uno studio cui il British Medical Journal ha dedicato la copertina: Google azzecca la diagnosi in oltre metà dei casi.
A fare la prova sono stati due ricercatori australiani dell’Università di Brisbane.
Hanno selezionato 26 racconti di casi veri di pazienti tra quelli che ogni settimana il New England Journal of Medicine pubblica per mettere alla prova le capacità diagnostiche dei suoi lettori. Senza guardare la diagnosi finale, i ricercatori hanno digitato su Google da tre a cinque parole riguardanti i sintomi più importanti di ogni caso.
Then they chose from the pages presented by Google the diagnoses that best seemed to match the symptoms and compared them with the real ones described in the medical journal.
In 15 casi su 26 Google ci ha azzeccato, diagnosticando correttamente malattie come l’endocardite infettiva, il linfoma o la malattia del graffio del gatto.
Hanno selezionato 26 racconti di casi veri di pazienti tra quelli che ogni settimana il New England Journal of Medicine pubblica per mettere alla prova le capacità diagnostiche dei suoi lettori. Senza guardare la diagnosi finale, i ricercatori hanno digitato su Google da tre a cinque parole riguardanti i sintomi più importanti di ogni caso.
Then they chose from the pages presented by Google the diagnoses that best seemed to match the symptoms and compared them with the real ones described in the medical journal.
In 15 casi su 26 Google ci ha azzeccato, diagnosticando correttamente malattie come l’endocardite infettiva, il linfoma o la malattia del graffio del gatto.
Molti esperti hanno messo in guardia sui rischi connessi all’uso di internet.
Si sono scritti fiumi d’inchiostro sulla difficoltà di discernere le informazioni serie dalla marea di robaccia che vi circola, specialmente in tema di medicina.
L’esperimento dei ricercatori australiani va controcorrente.
È innegabile che, grazie a Google, «informazioni utili anche sulla sindrome più rara possono essere trovate e digerite in pochi minuti» scrivono i ricercatori.
Il loro consiglio però riguarda i medici, che hanno le conoscenze per valutare le informazioni attendibili: «Il nostro studio suggerisce che nelle situazioni diagnostiche difficili, spesso è utile “googlare” alla ricerca di una diagnosi».
Patients, even experienced ones, do so at their own peril.
Si sono scritti fiumi d’inchiostro sulla difficoltà di discernere le informazioni serie dalla marea di robaccia che vi circola, specialmente in tema di medicina.
L’esperimento dei ricercatori australiani va controcorrente.
È innegabile che, grazie a Google, «informazioni utili anche sulla sindrome più rara possono essere trovate e digerite in pochi minuti» scrivono i ricercatori.
Il loro consiglio però riguarda i medici, che hanno le conoscenze per valutare le informazioni attendibili: «Il nostro studio suggerisce che nelle situazioni diagnostiche difficili, spesso è utile “googlare” alla ricerca di una diagnosi».
Patients, even experienced ones, do so at their own peril.
da “www.panorama.it”