Roma, 28 ottobre – Da una parte il sottosegretario di Stato per la Salute Vito De Filippo, a rispondere ai quesiti posti al Governo dal senatore di Ala Lucio Barani, with un interpellanza And un’interrogazione nelle quali chiedeva chiarimenti sia sulla determinazione da parte di Aifa del prezzo di un farmaco innovativo per l’epatite C, denunciando la conduzione di una trattativa secretata e la sottostima del numero dei malati di epatite C, sia su alcuni incarichi dirigenziali ricoperti all’interno dell’Aifa e alcune vicende a essi riferibili.
Dall’altra, lo stesso interrogante, il sen. Barani, tutt’altro che soddisfatto delle risposte fornite dal rappresentante del governo.
Il tutto è ovviamente documentato dal resoconto della seduta d’assemblea di ieri pomeriggio, al quale rinviamo i lettori interessati e di (molta) buona volontà: le spiegazioni di De Filippo da una parte, respinte con la riproposizione delle stesse accuse da Barani, sono il paradigma perfetto di quanto sia difficile (impossibile?) in sede politico-istituzionale fare chiarezza su un fatto e/o un comportamento, quali che siano, restituendo con accettabile approssimazione qualcosa che assomigli alla verità.
È istruttivo (e invitiamo caldamente a farlo) leggere il “confronto” di ieri tra un esponente di governo e un senatore eletto dal popolo (?) su fatti che riguardano la salute pubblica – e quindi ognuno di noi – e dover concludere che, su quei fatti e su eventuali responsabilità ad essi connesse – ne sappiamo esattamente quanto prima: ovvero niente che sia anche solo lontanamente apparentabile a uno straccio di certezza. E non bastano davvero le consuete e consunte dichiarazioni sulla “oggettiva complessità della questione – e sottolineo la parola complessità – unitamente a un quadro normativo particolarmente complesso, risuonate in Aula anche ieri, per giustificare ciò che non è giustificabile, ovvero l’incapacità o, peggio, la mancanza di volontà, di arrivare a dare ai cittadini – almeno una volta – risposte chiare e credibili su faccende e vicende che, alla fine, riguardano la loro esistenza. Come – per rimanere in tema – la segretezza delle negoziazioni sul prezzo dei farmaci, roba da Spectre che esiste solo in Italia (eppure, do you remember?, il nostro è il Paese che ha conosciuto l’era Poggiolini…), in barba all’Anac di Cantone e alla invocatissima trasparenza.
“Poi dice che uno si butta a sinistra” sbottava il mai troppo compianto principe Antonio De Curtis (in the picture) nel film Totò e i Re di Roma. Ma erano altri tempi: oggi, buttandosi a sinistra, cadrebbe su De Filippo che sottolinea la parola complessità. E, per paradosso, cadrebbe pure su Barani, che è di destra, ma sostiene il governo di sinistra. Probabilmente non lo capirebbe né gli piacerebbe: troppo complesso, appunto. Come del resto per tutti gli italiani, ai quali risulta incomprensibile e lontana dalla realtà e dai bisogni dei cittadini la maggior parte del “personale politico” (come si chiamava una volta) che occupa le istituzioni.
“Poi dice che uno si butta nell’antipolitica”, direbbe probabilmente oggi Totò. Consapevole che, anche in questo caso, tutto sarebbe fuorché una soluzione.
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