Cassazione Penale Sent. Sez. 6 Num. 48839 Anno 2022
Il fatto riguarda un curioso caso di consegna di farmaci ai pazienti tramite intermediari. Oltre ai farmaci da banco, per i quali tralasciamo le modalità, nel caso in cui era invece necessaria la prescrizione medica, la
ricetta veniva inviata alla farmacia e solo dopo il farmaco veniva fatto recapitare preso la macelleria dove il
In un primo giudizio il Tribunale aveva dichiarati i macellai responsabili del reato di cui all’art. 348 cod. pen.(Esercizio abusivo di una professione). La Corte di appello poi ha assolto gli imputati perché il fatto non sussiste. La Corte di appello ha ritenuto non configurabile il reato di esercizio abusivo della professione di farmacista a carico degli imputati, non avendo essi compiuto alcun atto tipico di detta professione, essendosi limitati alla mera attività materiale di consegna dei farmaci.
La Corte territoriale ha ricorso in Cassazione ritenendo che sia stato trascurato quanto stabilisce l’art. 122 del TULPS: la vendita al pubblico dei medicinali è consentita solo ai farmacisti e deve essere effettuata nei locali della farmacia sotto la responsabilità del titolare, il farmacista può anche provvedere alla preparazione, al controllo, immagazzinamento e distribuzione dei medicinali; ai sensi dell’art. 119 TULS e dell’art. 29 R.D. n. 1706 del 1938. Il punto di deposito, conservazione distribuzione dei farmaci deve consentire il controllo degli organismi di vigilanza sanitaria e farmaceutica. Dalla combinata lettura di tali norme si ricava che l’attività di farmacista deve essere svolta nel rispetto di tutti i parametri indicati, risultando altrimenti svolta in modo abusivo.
La Cassazione ha osservato che il mancato rispetto delle norme sulla conservazione dei farmaci o sul trasporto – per la necessità di trasporto a determinate temperature-, non risulta accertata, ma solo ipotizzata. Non risulta inoltre provata la consapevolezza degli imputati (macellai) di svolgere attività proprie della professione di farmacista senza averne titolo, stante l’attività meramente materiale loro affidata da soggetto abilitato, che offriva alla clientela il servizio di consegna e recapito dei farmaci in un luogo concordato, comodo per il cliente, come confermato dalla testimonianza degli stessi clienti.
È accertato inoltre che, come confermato dai verbali di sequestro, risultava che, al momento del sequestro, presso la macelleria erano stati rinvenuti farmaci, confezionati singolarmente in buste con il logo della farmacia, il nominativo di ciascun cliente scritto a penna e contenenti lo scontrino fiscale, emesso dalla farmacia, così da escludere che l’attività di vendita avvenisse presso il negozio.
In the 2014 su farmacista33 si riportava: «”Dove va la sanità se viene meno il contatto diretto tra paziente e medico nella fase di prescrizione del farmaco? Se viene meno l’atto del medico o anche l’atto del farmacista?». La riflessione arrivava da Alfredo Orlandi, presidente Sunifar, che interveniva sulla nota del Garante della Privacy relativa alle modalità di gestione della consegna delle ricette in assenza del paziente, che avrebbe creato confusione sulla possibilità di trasmetterle dall’ambulatorio medico alla farmacia.
“In tema di sanità, concludeva Orlandi, non c’è solo la questione dei dati sensibili, le cure hanno un valore che va oltre. Credo che nella terapia farmacologica sia necessario un contatto diretto medico-paziente nella fase di prescrizione e paziente-farmacista nella fase poi di consegna e di consiglio sul medicinale”.
Sicuramente alla macelleria saranno stati lasciati farmaci di cui il paziente ne fa un uso cronico, ma evidentemente in 9 anni le cose sono cambiate, e non è detto che siano cambiate in meglio.