Sta in questo slogan, tuonato da Costantino Troise dal palco del Colosseo ieri a Roma, il senso pieno della manifestazione di medici e operatori sanitari. Siamo così di fronte a un rifiuto, a una “indisponibilità”, di un’intera categoria con la quale la spending review e i suoi tanti ragionieri non potranno non fare i conti
28 OCT – “Noi non ci stiamo” è la risposta netta chiara perentoria che la manifestazione dei medici ha dato al governo Monti. Secondo me lo slogan vero della manifestazione. Dichiararsi indisponibili è l’atto di lealtà e di responsabilità più importante che questa professione oggi può fare nei confronti prima di tutto dei malati. Siamo indisponibili, dicono i medici, perché quello che avanza, come il “nulla” della “storia infinita”, è per questa società semplicemente dannoso, pericoloso, non etico, irragionevole, inutilmente stupido e per tutto questo ed altro ancora…contrario alle nostre coscienze, ai nostri ideali, ai nostri obblighi morali. ”Noi non ci stiamo”, ha scandito con forza Troise nel suo discorso, e come d’improvviso, in quella manifestazione strapiena di generazioni, di colori, di combattività, di musica, ho avuto la sensazione che il disagio di una professione si fosse come trasformato in una compatta critica politica e quella critica in un gigantesco atto collettivo e quindi in rifiuto. Questo è il senso intimo della manifestazione che mi è parso di cogliere. Il resto sono tecnicalità.
L’indisponibilità, il rifiuto, riguarda questa volta non semplicemente i maltrattamenti a cui è sottoposta questa professione, non semplicemente i tagli che subisce nella sua operatività, e nemmeno il sacrificio dei suoi diritti sindacali, ma riguarda le coscienze. Se ad essere indisponibili sono le coscienze io credo che prima o poi la spending review dovrà farci i conti. O qualcuno pensa di poter estendere i tagli lineari anche alle coscienze? Nei confronti delle fosche prospettive della professione, della sanità pubblica, dei diritti, nei confronti della politica decadente, gridare così in tanti “noi non ci stiamo” è come introdurre una nuova pratica dell’indisponibilità”.
Penso ad esempio che, da oggi in poi, l’obiezione di coscienza, dovrà essere usata ogni volta che un medico, un infermiere è costretto a lavorare in condizioni che abbiano a nuocere al malato. Penso che la deontological disobedience, da oggi in poi, dovrà rientrare tra i comportamenti responsabili, cioè penso che le decisioni aziendali che contrastano con degli obblighi professionali, in fo