Dall’introduzione dell’EBM i costi per la salute sono aumentati, mentre le evidenze di alta qualità non sono state numerose. Forse perché i trial randomizzati sono stati spesso alterati dagli interessi dei soggetti coinvolti nella scelta delle ipotesi da testare nei trial, dalla conduzione degli studi e dalla comunicazione selettiva dei risultati
27 MAG – La “medicina basata sulle prove di efficacia” (Evidence-based Medicine, EBM) è stata definita come “l’uso coscienzioso e giudizioso delle migliori evidenze disponibili, integrato con l’esperienza clinica e con le preferenze del paziente, per guidare le decisioni di salute”. Ciò significa, per il medico, non basarsi solo sulla propria formazione e sull’esperienza acquisita in prima persona, ma anche su una forma di conoscenza più obiettiva suffragata da prove scientifiche. Un medico paziente ed esperto, dopo aver esaminato le evidenze, i valori della persona e il suo giudizio sulle opzioni di cura, dovrebbe essere infatti in grado di proporre il trattamento più appropriato per lo specifico caso clinico.
Ma a due decenni dall’affermazione di questo paradigma, divenuto prevalente a partire dai primi anni del nuovo secolo, una riflessione critica può aiutare a comprenderne punti di forza e di debolezza, o meglio a capire perché i risultati auspicati in termini di miglioramento complessivo delle cure siano stati solo parzialmente conseguiti ed individuare eventuali strategie e correttivi. È quanto hanno tentato di fare Susanna Every-Palmer, psichiatra consulente forense, e Jeremy Howick, ricercatore del Centre for Evidence-Based Medicine dell’Università di Oxford, in un articolo pubblicato sul Journal of Evaluation in Clinical Practice. I due autori evidenziano che “dall’introduzione dell’EBM, i costi per la salute sono aumentati, mentre le evidenze di alta qualità non sono state numerose. L’EBM ha avuto successo in settori specifici della pratica clinica – affermano – Ad esempio, l’assistenza post-operatoria per l’ictus e l’infarto del miocardio è migliorata alla luce delle nuove prove, e alcune pratiche dannose sono state ridotte quando le evidenze hanno mostrato che i rischi superavano i benefici (come nel caso della terapia ormonale sostitutiva post-menopausa). Si tratta di esempi promettenti, ma episodici – affermano gli Autori – Le prove di macro-livello sui principali risultati di salute conseguiti suggeriscono che il costo dell’assistenza sanitaria continua ad aumentare, i miglioramenti si sono stabilizzati e la fiducia nel personale medico è in calo.
Può darsi che ci stiamo avvicinando ai limiti della medicina, che i “frutti a portata di mano” siano già stati raccolti (ad esempio sulle malattie infettive), e che le patologie croniche siano semplicemente più complesse e difficili da affrontare (la malattia mentale, il diabete, le malattie cardiache, il cancro, il morbo di Alzheimer) – affermano Palmer e Howick – Un’altra possibilità è che il paradigma EBM sia intrinsecamente viziato e che la sua attuazione non si tradurrà in benefici per la salute”. Ma l’ipotesi, non esclusiva, che gli A