Mergers and acquisitions, the lifeblood of Big Pharma

 

Fusioni e acquisizioni su larga scala: ancora la strategia primaria per Big Pharma. Tanto che queste attività hanno contribuito e contribuiranno per circa due terzi (63%) ai trend di crescita delle vendite nel periodo 1995-2014. E’ quanto rivela un’analisi Datamonitor che ha preso in considerazione 22 delle più grandi aziende farmaceutiche.

Dallo studio emerge che sono due i generi principali di acquisizioni: quello che riguarda compagnie piccole, con un occhio teso al futuro più che al presente, e quello che riguarda realtà più grandi, con l’obiettivo di ottenere vantaggi più immediati.  Ancora, le Big Pharma possono essere classificate secondo una diversa strategia di crescita. Ci sono le ‘acquisitrici seriali’, per così dire, che perseguono una fusione dopo l’altra, e quelle che finora hanno del tutto evitato l’unione con compagnie piccole o grandi che siano, per concentrarsi su scelte interne, ovviamente sempre finalizzate alla crescita.

Nell’analisi si ricorda che la principale ondata di fusioni e acquisizione si ebbe nel periodo 1999-2001, con la nascita di AstraZeneca e di GlaxoSmithKline, mentre Pfizer e Sanofi si aggiudicavano una serie di piccole società.

Oggi le protagoniste non cambiano e, durante il 2009, abbiamo assistito all’unione di Pfizer e Wyeth, Merck e Schering-Plough, Abbott e Solvay e Roche con Genentech.

Ma invece che fare una semplice lista, Datamonitor si è chiesta appunto se fosse possibile misurare quanto queste strategie abbiano influito sulla crescita delle vendite.

Ed esaminando i dati di 20 anni di vendite e di previsioni finanziarie ha ottenuto la risposta: le fusioni e le acquisizioni continuano a trainare gli affari delle grandi farmaceutiche. Per il 2014, in particolare, si prevede che queste strategie contribuiranno per 381 miliardi di euro alle vendite delle Big Pharma.

Barbara Di Chiara – PharmaKronos – 16 dicembre 2009 – N° 188 – anno 3

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