Cara Francesca,
uso la seconda persona singolare per comodità e per il fatto che in un rapporto epistolare, occasionale, non è prevista, per questioni di tempi d’attesa, la possibilità di chiedere il permesso di dare del tu, spero lo accetterai.
Fai un’ottima analisi, condivisibile ma appesantita da un’ingenuità di fondo.
È giusto e di buon senso pensare che debbano essere le Aziende a farsi carico dell’onere contributivo ma, purtroppo, per quanto riguarda le aziende aderenti a farmindustria sono certo che la realtà sia diversa. Non lo affermo per pessimismo ma legandomi alla corretta citazione che fai sul settore del credito che ha messo in atto un meccanismo per il quale è
possibile uscire dal mondo del lavoro prima del tempo.
Il fondo in questione è finanziato dal Lavoratore e nacque con le casse di Risparmio che ad ogni rinnovo contrattuale proponevano al Lavoratore di destinare una parte dell’aumento salariale ad un fondo finalizzato ad una pensione integrativa o, in caso di necessità, ad una pensione pagata dal fondo, fino alla pensione INPS, nel caso di perdita d’impiego.
In seguito le banche lo hanno fatto proprio ma non dimentichiamo che è stato creato ed è alimentato dalla rinuncia di una parte di stipendio del Lavoratore. Tuttora sono in atto contenziosi da parte dei Lavoratori per rientrare in possesso di parte di quelle quote. Il caso più noto è quello della banca di Roma, presidente Geronzi, noto finanziatore dei politici con i soldi degli altri, che quando assorbi le Casse di Risparmio depredò inesorabilmente quei fondi.
Le Aziende hanno volontà di finanziare o sentono il dovere sociale di farlo? Me lo auguro ma non ci credo.
Spero di sbagliare.
Antonio Giammei
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