Nuova Zelanda e Stati Uniti sono gli unici paesi al mondo che permettono la cosiddetta "direct to consumer advertising" (DTCA) per i farmaci da prescrizione e l’Unione Europea, attraverso il "Global Pharmaceutical Forum", sta dibattendo sull’opportunità di allinearsi alle politiche d’Oltre oceano
«La Commissione Europea – dichiara Giampaolo Velo , farmacologo e direttore del Centro di riferimento OMS per la comunicazione sul farmaco, Università di Verona – ci aveva già provato nel 2002 senza successo perché il Parlamento Europeo, con 494 membri contrari e 42 favorevoli, bocciò la proposta. Nello scorso mese di giugno la Commissione ha deciso di riprendere il discorso e di portarlo avanti con nuovo vigore. L’obiettivo è quello di permettere la pubblicità di tutti i farmaci, anche quelli etici (soggetti a prescrizione medica e/o dispensati dal SSN, n.d.r. ). Su questo argomento, piuttosto delicato, è stata aperta una consultazione tra tutte le parti interessate (associazioni, società scientifi che, industrie farmaceutiche ecc.). A questo scopo, nel giugno del 2005, era stato creato il "Pharmaceutical Forum"(un gruppo di lavoro costituito da due Commissari Europei, tre Europarlamentari, Ministri degli Stati Membri, non meno di cinque associazioni dell’industria farmaceutica, rappresentanti di professionisti del settore medico sanitario e delle associazioni, n.d.r. ), con la previsione di completare l’operazione entro il 2007». «Detto questo – prosegue Velo – io credo che bisognerebbe partire dalla considerazione che la pubblicità dei farmaci diretta al cittadino ha, come tutte le forme di pubblicità, lo scopo di vendere di più. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che il farmaco non è un bene di consumo. Ci troviamo quindi di fronte a un problema non solo etico, ma anche di malcostume perché l’obiettivo intrinseco della pubblicità è quello di creare maggiore consumo, non un miglio-re consumo; per arrivare a una migliore utilizzazione dei farmaci esistono metodi diversi dall’informazione pubblicitaria diretta al cittadino. La mia posizione personale è quindi di assoluta contrarietà soprattutto perché stiamo parlando di farmaci da prescrizione. Aggiungo che io sono contrario anche alla pubblicità diretta dei farmaci OTC perché si tratta sempre di sostanze attive, magari meno "rischiose" ma con un’attività farmacologica». La pubblicità dei farmaci negli USA Giampaolo Velo prosegue ricordando che: «la pubblicità diretta dei farmaci al consumatore è al momento libera solo in Nuova Zelanda e negli Stati Uniti, e questi ultimi rappresentano il maggiore mercato di farmaci al mondo. A questo proposito vale la pena dare uno sguardo ai numeri che dimostrano come, dal 1997 al 2005, negli USA ci sia stato un incremento degli investimenti per DTCA del 296,4%: da 1,1 a 4,2 miliardi di dollari secondo le stime del Government Acccountability Offi ce, report n. GAO-0754, December 14, 2006. La spesa maggiore è ovviamente rivolta ai farmaci che possono avere più mercato (antinfi ammatori, antibiotici ecc.). Negli Stati Uniti, anche se il problema è oggetto di dibattito, si cozza comunque contro l’estrema liberalizzazione di mercato anche se, ultimamente, ci sono stati alcuni tentativi di porre dei limiti da parte della FDA e del Senato. Il senatore Edward Kennedy per esempio, insieme ad altri, ha cercato di portare avanti una pro- posta in base alla quale nei primi due anni di commercializzazione di un farmaco ne venga proibita la pubblicità diretta al consumatore. Infatti, quando un farmaco viene immesso in commercio, si conosce parecchio sulla sua effi cacia terapeutica, ma il suo profi lo di sicurezza è molto meno conosciuto e, solo dopo che è entra