Consentire agli esercizi commerciali dotati di un farmacista la vendita di farmaci oggi classificati in fascia C, per aumentare i punti di vendita di questi farmaci? La proposta avanzata da Federdistribuzione e riemersa sul Sole 24 Ore di ieri non è condivisa da Federfarma che in una nota precisa come «non ci sarebbe alcun vantaggio, in quanto l’unico risultato sarebbe una caduta verticale dell’efficienza e della capillarità del servizio farmaceutico. La rete delle farmacie» continua la nota «è oggi efficiente e capillare grazie al sistema di regole che ne stabilisce la presenza sul territorio in base alle esigenze della popolazione, individuate in base a parametri certi e che portano ogni anno ad aumentare il numero delle farmacie. Inoltre, per il cittadino è un’ulteriore garanzia il fatto che il titolare della farmacia debba essere un farmacista e non possa essere un soggetto economico o una catena commerciale in grado di piegare le esigenze del cittadino alla proprie scelte di marketing». Proprio quello che accade, secondo l’associazione dei titolari, con corner dei supermercati e parafarmacie «aperti al 90% da operatori economici nelle zone commercialmente più redditizie, unicamente con finalità di profitto, con una semplice comunicazione unilaterale al Ministero della salute, senza tenere alcun conto delle esigenze sanitarie degli abitanti».
Parafarmacie: con legge riordino più disoccupati
È la disoccupazione il tasto che i farmacisti di parafarmacia toccano più spesso quando devono spiegare il loro "no" deciso al ddl Gasparri-Tomassini. La conferma arriva dall’ultima tappa del nostro viaggio nel cosmo delle sigle che rappresentano gli esercizi nati dal decreto Bersani. «Il ddl 863 rischia di distruggere le parafarmacie» attacca Fabiola Cenisio, presidente di Assopacal «la liberalizzazione aveva arginato il problema della disoccupazione tra i farmacisti, la proposta Gasparri-Tomassini metterebbe sulla strada sia noi farmacisti sia i nostri collaboratori. La nostra richiesta? Una legge che trasformi le parafarmacie in farmacie non convenzionate, per poter dispensare i farmaci di fascia C e dare pieno significato alle nostre lauree». Per Assopacal, in sostanza, il riordino dovrebbe mettere fine all’anomalia rappresentata dalle parafarmacie, «un ibrido» prosegue Cenisio «tra esercizi di vicinato ed esercizi commerciali. Non ci riteniamo farmacisti di serie B, vogliamo essere ascoltati». D’accordo anche Lino Busà, consigliere di Anpi: «Il ddl Gasparri-Tomassini è un passo indietro da quella liberalizzazione intravista con il decreto Bersani. Non capiamo perché le parafarmacie ora debbano chiudere. Abbiamo riscosso un grande consenso tra i consumatori, come conferma tra gli altri l’ultima indagine di Altroconsumo. Questo disegno di legge sembra non guardare all’interesse dei cittadini, ma a quello della lobby dei titolari». Anche Busà avverte una sorta di accanimento contro le parafarmacie. «Siamo una piccola realtà, facilmente