Quest’anno, per il piano di vaccinazione antinfluenzale, saranno 18 milioni le dosi del vaccino che andranno al Servizio sanitario nazionale: 6 milioni in più rispetto all’anno precedente. Il picco ha portato le aziende farmaceutiche a dare priorità alla domanda pubblica, aprendo a una difficoltà nell’approvvigionamento delle farmacie, che stimano in 1,5 milioni le dosi necessarie per coprire la domanda. Nel 2019 furono 900 mila quelle vendute in farmacia a chi volontariamente, pur non rientrando nelle categorie a rischio, voleva vaccinarsi. (Il Messaggero)
FOFI e Federfarma avevano richiesto urgentemente un incontro al Ministero della Salute a seguito dell’impossibilità, rilevata dalle farmacie e dai grossisti di rifornirsi di vaccini. Questa carenza, dovuta all’importante aumento delle richieste da parte delle Regioni, anche a seguito dell’ampliamento delle categorie a rischio (in particolare l’abbassamento dell’età da 65 a 60 anni) lascerebbe non soddisfatta la richiesta di vaccini da parte di quella “fascia attiva” della popolazione (Fedefarma)
La recrudescenza dei casi di Coronavirus in tutta Europa, infatti, potrebbe comportare un ulteriore peso sui servizi sanitari nazionali già sotto pressione. L’implementazione di programmi di vaccinazione antinfluenzale, in questo periodo di Covid-19, sarà particolarmente impegnativa ed è di fondamentale importanza – sostiene il Pgeu (gruppo farmaceutico dell’Unione europea, l’associazione che rappresenta farmacisti comunitari) – mettere in atto con urgenza campagne di vaccinazione efficaci che, attraverso un accesso adeguato ai vaccini antinfluenzali soprattutto per i gruppi a rischio, possano aiutare a prevenire e ridurre il numero di ricoveri. In considerazione di tutto ciò, lo scorso 1° settembre, il PGEU, attraverso un comunicato stampa, ha invitato le Autorità sanitarie a continuare e rafforzare la collaborazione con le farmacie e le loro Associazioni di categoria in modo da includere i farmacisti territoriali nelle strategie di vaccinazione nazionali.
“I farmacisti – ha aggiunto Santos, presidente PGEU – dovrebbero essere coinvolti nella pianificazione dei programmi di vaccinazione antinfluenzale e ricevere supporto e risorse adeguati per fornire assistenza ai pazienti. In quanto fornitori di assistenza sanitaria in prima linea, dovrebbero anche essere inclusi tra le strutture aventi accesso prioritario per il vaccino antinfluenzale” (Fedefarma).
“Pensare alla formazione del farmacista per la somministrazione di vaccini significa accedere a nuove competenze che rendono la professione ancora più qualificata e al passo con i tempi e che contribuiscono a una farmacia dei servizi capace, qualora venisse richiesto, di erogare la vaccinazione antinfluenzale e di aderire attivamente alle campagne di prevenzione, come già accade in moltissimi paesi europei”, così Eugene Leopardi, president of Utifar.
Farmacie Unite ribadisce: “Volendo ragionare in un’ottica di farmacia dei servizi, sarebbe altresì auspicabile prevedere un percorso che porti all’abilitazione dei farmacisti alla somministrazione dei vaccini, così come avviene già in alcuni paesi europei, con tempi e modi che consentano sia la tutela dei pazienti ma anche le necessarie garanzie per le farmacie”.
Da parte della Fofi le proposte avanzate riguardano tanto la possibilità per i farmacisti di vaccinare, quanto la presenza di altre professionalità, quali per esempio infermieri, in farmacia
Scotti (Fimmg): i farmacisti non possono somministrare i vaccini antinfluenzali
«I medici non ce la fanno a vaccinare? I farmacisti però non possono farlo. Questo perché l’anamnesi vaccinale, necessaria prima di fare materialmente il vaccino, è un atto medico. Non può essere delegato ad altri».
Così Silvestro Scotti, rispondendo al presidente della Federazione degli Ordini dei farmacisti (Fofi) che ha dichiarato alla stampa che è «impensabile che i medici di medicina generale riescano a dispensare in un mese 18 milioni di vaccini».
Per Scotti quello della vaccinazione in farmacia è «un falso messaggio che rischia di far apparire una categoria, la nostra, inefficiente (qualunque sia la causa) a fronte di una alternativa che non può essere attuata, perché la funzione non è ascrivibile, in questo momento, alla categoria dei farmacisti».
Si potrebbe vaccinare oggi «solo con un medico in farmacia, ma se ci fossero medici disponibili si dovrebbero rafforzare le unità di territorio. Le farmacie sono utili in molte cose in una compagna vaccinale, ma non in questa», dice.
Per Scotti «quest’anno serve anticipare le vaccinazioni antinfluenzali a fine settembre, altrimenti, con le regole Covid, i tempi sono troppo stretti per vaccinare tutti i pazienti che devono o vogliono farlo». «Nei nostri studi – precisa – abbiamo problemi logistici rispetto all’organizzazione legate alle norme Covid. Poiché la medicina generale vaccina una quota importante di italiani, non si può pensare che tutto si riesca a risolvere in un mese e mezzo.
Se i vaccini vengono consegnati ai medici di famiglia, come pare, nella terza settimana di ottobre fare tutto in così breve tempo è pura fantascienza». Anticipare è una possibilità che non è in contraddizione con la scienza «ci sono studi che confermano che vaccinare prima non significa perdere l’immunità», conclude Scotti.
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