Intervento di Carlo Capece Minutolo, ex presidente dell’Associazione informatori scientifici di Pescara.
PESCARA. «Oggi l’idea dominante e, forse sbagliata, è che tutti i farmaci sono uguali e nello stesso tempo si pensa che tutti i pazienti sono uguali. Questo non è vero, ci sono pazienti sui quali il farmaco generico o equivalente riesce ad avere una ottima risposta ed è giusto somministralo, sia per la terapia che per contenere la spesa, mentre in altri pazienti va cercata una soluzione più moderna, con farmaci di nuova generazione che sono più costosi ma anche più efficaci». Carlo Capece Minutolo, ex presidente dell’Associazione informatori scientifici di Pescara, associazione che in Abruzzo conta 650 iscritti per una platea di 4 mila medici, spiega come spesa farmaceutica e tagli, non sempre vanno a braccetto.
In primo luogo i conti: in Abruzzo, l’assistenza farmaceutica convenzionata è costata 289 milioni di euro nel 2006, il 13,8% dei costi complessivi della sanità. Senza il piano di intervento della Regione la spesa nel 2007 salirebbe a 295 milioni di euro, con il contenimento dei costi la cifra per il 2007 dovrà rientrare a 268 milioni, il 12.4%.
«L’imperativo è rispamiare, così come chiede anche la Regione Abruzzo rispetto ai costi della farmaceutica, una scelta giusta», osserva Carlo Capece Minutolo, «ma dobbiamo guardare bene dove andiamo a risparmiare: per i farmaci c’è un tetto di spesa fissato per legge al 13%; dimentichiamo, tuttavia, completamente l’altra componente che è l’87% della spesa, che va dagli esami di laboratorio a quelli strumentali, gli ospedali i ricoveri impropri delle case di cura private. Che senso ha andare a risparmiare sulla quota più piccola della spesa che rappresenta l’anello più delicato per la terapia e cura dei pazienti?».
Il discorso sui farmaci ruota attorno al concetto di farmaci «griffati» ossia quelli di marca più costosi rispetto a quelli definiti «equivalenti» o «generici», che hanno costi più bassi.
«Nel parlare di farmaci “griffati” e “generici” si utilizzano termini impropri, come dire, il primo è da boutique il secondo da bancarella», osserva Capece Minutolo, «bisognerebbe dire farmaci di oggi e farmaci del passato. I primi realizzati con una tecnologia decisamente più moderna, i secondi con quello che era disponibile 20-30 anni fa. Se, ad esempio, mettessimo a confronto gli anti-ipertensivi, possiamo dire che un farmaco che volge al meglio la sua azione intervendo sulla pressione del paziente in modo inconfutabile è la “clonidina”, questo farmaco è tanto efficace da abbassare la pressione in tutti i pazienti, spesso da portalo anche al collasso. Prendiamo, invece, un farmaco moderno, ad esempio, i “sartanici”, questi sono sicuramente meno aggressivi sul paziente ma, certamente, con una quasi assenza di effetti collaterali. Questo fa sì che la pressione si abbassi senza scoraggiare il paziente a portare avanti la terapia, quindi, nel lungo termine avremmo sicuramente risultati maggiori, perchè il paziente è più aderente alla terapia portante, si cura costantemente. Questo farmaco è il frutto di 30 anni di ricerca. Spingere il medico a prescrivere per ragiori economiche sempre e soltanto il farmaco generico, significa voler far regredire la ricerca scientifica e farla tornare indietro di almeno 30 anni».
I costi al cittadino, però, anche in questo caso rimangono il problema centrale. Tavolta la differenza può essere macroscopica. Per la stessa indicazione si può utilizzare un antibiotico di 3 euro e mezzo contro uno «grif
PESCARA. «Oggi l’idea dominante e, forse sbagliata, è che tutti i farmaci sono uguali e nello stesso tempo si pensa che tutti i pazienti sono uguali. Questo non è vero, ci sono pazienti sui quali il farmaco generico o equivalente riesce ad avere una ottima risposta ed è giusto somministralo, sia per la terapia che per contenere la spesa, mentre in altri pazienti va cercata una soluzione più moderna, con farmaci di nuova generazione che sono più costosi ma anche più efficaci». Carlo Capece Minutolo, ex presidente dell’Associazione informatori scientifici di Pescara, associazione che in Abruzzo conta 650 iscritti per una platea di 4 mila medici, spiega come spesa farmaceutica e tagli, non sempre vanno a braccetto.
In primo luogo i conti: in Abruzzo, l’assistenza farmaceutica convenzionata è costata 289 milioni di euro nel 2006, il 13,8% dei costi complessivi della sanità. Senza il piano di intervento della Regione la spesa nel 2007 salirebbe a 295 milioni di euro, con il contenimento dei costi la cifra per il 2007 dovrà rientrare a 268 milioni, il 12.4%.
«L’imperativo è rispamiare, così come chiede anche la Regione Abruzzo rispetto ai costi della farmaceutica, una scelta giusta», osserva Carlo Capece Minutolo, «ma dobbiamo guardare bene dove andiamo a risparmiare: per i farmaci c’è un tetto di spesa fissato per legge al 13%; dimentichiamo, tuttavia, completamente l’altra componente che è l’87% della spesa, che va dagli esami di laboratorio a quelli strumentali, gli ospedali i ricoveri impropri delle case di cura private. Che senso ha andare a risparmiare sulla quota più piccola della spesa che rappresenta l’anello più delicato per la terapia e cura dei pazienti?».
Il discorso sui farmaci ruota attorno al concetto di farmaci «griffati» ossia quelli di marca più costosi rispetto a quelli definiti «equivalenti» o «generici», che hanno costi più bassi.
«Nel parlare di farmaci “griffati” e “generici” si utilizzano termini impropri, come dire, il primo è da boutique il secondo da bancarella», osserva Capece Minutolo, «bisognerebbe dire farmaci di oggi e farmaci del passato. I primi realizzati con una tecnologia decisamente più moderna, i secondi con quello che era disponibile 20-30 anni fa. Se, ad esempio, mettessimo a confronto gli anti-ipertensivi, possiamo dire che un farmaco che volge al meglio la sua azione intervendo sulla pressione del paziente in modo inconfutabile è la “clonidina”, questo farmaco è tanto efficace da abbassare la pressione in tutti i pazienti, spesso da portalo anche al collasso. Prendiamo, invece, un farmaco moderno, ad esempio, i “sartanici”, questi sono sicuramente meno aggressivi sul paziente ma, certamente, con una quasi assenza di effetti collaterali. Questo fa sì che la pressione si abbassi senza scoraggiare il paziente a portare avanti la terapia, quindi, nel lungo termine avremmo sicuramente risultati maggiori, perchè il paziente è più aderente alla terapia portante, si cura costantemente. Questo farmaco è il frutto di 30 anni di ricerca. Spingere il medico a prescrivere per ragiori economiche sempre e soltanto il farmaco generico, significa voler far regredire la ricerca scientifica e farla tornare indietro di almeno 30 anni».
I costi al cittadino, però, anche in questo caso rimangono il problema centrale. Tavolta la differenza può essere macroscopica. Per la stessa indicazione si può utilizzare un antibiotico di 3 euro e mezzo contro uno «grif