18 Settembre 2012 – 18:01
(ASCA) – Roma, 18 set – ”Dopo piu’ di 50 anni i vivisezionisti continuano a utilizzare il talidomide per veicolare un’informazione parziale e fuorviante”. Lo ribadisce in una nota la biologa Michela Kuan, responsabile Vivisezione della Lav, che torna cosi’ sulla querelle relativa all’utilita’ o meno della sperimentazione sugli animali della molecola che causo’ la nascita di tanti bambini affetti da focomelia.
”In risposta alle tardive ‘scuse’ dell’amministratore delegato della Grunenthal, azienda che produsse e mise in commercio il farmaco che provoco’ migliaia di nati affetti da focomelia, il senatore Giovanardi non ha perso l’occasione di sfruttare le dovute implicazioni etiche verso le vittime di tale farmaco per sostenere le cause della sperimentazione – sottolinea Kuan -. Alla replica della LAV, rivolta al Senatore, ha risposto pero’ Silvio Garattini, accusando la sottoscritta, nel suo ruolo di responsabile LAV del settore Vivisezione, di dover leggere la letteratura scientifica”.
E precisa: ”Garattini cita alcuni esempi di animali in cui il talidomide ha avuto effetti teratogeni, ma non chiarisce come sia possibile ricorrere a centinaia di specie per testare farmaci o, in generale, nuove molecole – a cui si aggiungono gli animali geneticamente modificati i cui ceppi dovuti a mutazioni sono numerosissimi – e non si faccia riferimento al dosaggio necessario per indurre la malformazione”.
Kuan ripercorre poi le tappe della vicenda: ”Widikund Lenz, un pediatra tedesco, fu il primo a suggerire una correlazione tra il talidomide e la teratogenesi. Le gestanti che avevano assunto il talidomide diedero alla luce bambini focomelici, cioe’ privi di arti sviluppati. Il primo caso registrato di focomelia causata dal talidomide risale al 25 dicembre 1956, ma nel 1957 il farmaco fu comunque messo trionfalmente in commercio. Seguirono altri casi di nati focomelici a cui seguirono nuove sperimentazioni sugli animali. Gli scienziati cercavano negli animali la prova di cio’ che gia’ era noto nell’uomo. Nessuno degli animali da laboratorio trattati con il talidomide produsse feti focomelici e cio’ ritardo’ il suo ritiro dal mercato”.
”Soltanto dopo la catastrofe – prosegue Kuan -, con dosi massicce di talidomide provate in innumerevoli specie di animali, si ottennero alcuni nati focomelici in una delle (circa) 150 razze di coniglio, il coniglio bianco neozelandese, a dosi comprese tra le 25 e le 300 volte superiori a quella normale per l’uomo. Inoltre, si ottennero malformazioni in certe specie di scimmia a dosi dieci volte superiori a quella normale. L’assunzione del Dr. Lenz, basata su un riscontro epidemiologico con centinaia di casi focomelici, fu ignorata per cinque anni, e il farmaco fu ritirato solo nel 1962, quando ormai erano nati oltre 10.000 bambini focomelici”.
”Gli studi sugli animali – ribadisce la responsabile Lav – giocarono un ruolo attivo nell’ampliare questa tragedia. La ricerca su tessuti umani in vitro avrebbe evitato tutto questo. Il caso del talidomide ha confermato, quindi, purtroppo a posteriori, un insegnamento gia’ noto: e’ assolutamente inutile saggiare la teratogenicita’ di una sostanza negli animali. Ennesimo sostegno a queste considerazion