Indagine alla cooperativa universitaria. Per la Finanza la Clu dichiarava la vendita di testi scientifici invece cedeva tv, cellulari e dvd ai rappresentanti di farmaci
Secondo gli investigatori la Clu aveva ideato un sistema che consentiva alle case farmaceutiche di aggirare una legge, quella che si propone di bloccare il reato di comparaggio. È la pratica per cui medici, farmacisti e altri operatori sanitari accettano denaro, benefit e "regalini" dagli emissari delle industrie produttrici in cambio della prescrizione di determinati farmaci o della scelta di strumentazioni diagnostiche.
In che modo? La legge del 2002 ha vietato di dedurre dai bilanci delle aziende «i costi sostenuti per l’acquisto di beni e servizi destinati anche indirettamente a medici, veterinari e farmacisti allo scopo di agevolare la diffusione di specialità medicinali». Le case farmaceutiche possono scaricare solo le spese relative all’acquisto di libri, dispense, volumi di aggiornamento professionale. Stop, invece, alle crociere spacciate per convegni, ai cadeaux di superlusso, ai più raffinati oggetti hi tech regalati come semplici gadget.
Invece, sempre secondo la Finanza, «il meccanismo di vendita ideato dalla Clu in accordo con le case farmaceutiche permetteva un duplice vantaggio fiscale». Il primo è relativo all’Iva: imposta che non grava sui libri, ma che invece è fissata al venti per cento sugli oggetti che la Clu effettivamente vendeva ai rappresentanti: «prodotti informatici, elettrodomestici, prodotti hi-fi». Il secondo è la possibilità per le industrie di scaricarsi le spese, perché ufficialmente i prodotti acquistati dagli informatori scientifici erano libri. In realtà, invece, si trattava di tutt’altro.
Un meccanismo complesso, tutto incentrato su un sistema di fatturazione anticipata. La casa farmaceurica paga per l’acquisto di una generica fornitura di libri e di articoli di cancelleria. Poi viene emesso un "buono" per il valore corrispondente. Ma quando l’informatore scientifico va a ritirare il materiale, i libri rimangono in magazzino. E nelle sue mani viene consegnata una serie di oggettini probabilmente più graditi come regali di un ponderoso tomo scientifico.
«L’indicazione anagrafica del rappresentante della casa farmaceutica – scrive ancora la Finanza – è spesso sostituita con un alias». Più che un soprannome, un codice di cinque lettere. Così gli inquirenti hanno anche deciso di approfondire i controlli sul sistema informatico della Clu, per identificare gli informatori scientifici che si approvvigionavano alla Cooperativa, ritirando i materiali hi-tech.
Da regalare ai medici? «Questo non lo so. Si sospetta un comparaggio? Beh, se uno uccide una persona a coltellate, mica si può tirare in ballo il negozio che gli ha venduto il coltello», spiega Gianluigi Blengino. Il Secolo XIX ha incontrato il presidente della cooperativa per offrirgli l’occasione di spiegare la vicenda.
Blengino è presidente del cda della Clu, che dovrà essere rinnovato nei prossimi giorni. Fino alla fine dell’anno passato (quand’è andato in pensione) era anche direttore cooperativa. E poi editore (sua anche la casa editrice Ecig) con un passato persino nel mondo del calcio: è stato presidente dello Spezia dal 1995 al 1997 e ha avuto anche qualche tentazione verso il Genoa. Negli ultimi due, tormentati consigli di amministrazione, Blengino ha sostenuto: «Si sta assistendo a un complotto contro la Clu, scaturito da azioni di terzi provienienti dall’area di Firenze e di Genova». Insomma: «Tutto questo è stato fatto solo per fare del male alla Clu». Ovvio, però, che gli altri componenti del cda aspettino di capir